domenica 15 maggio 2011

Stelle di stoffa.


  • «Che succede li?»
Chiese Teo indicando con la mano i due volatili e riprendendo ad usare il suono come mezzo di comunicazione tra lui e la sua voce. I due si trovavano in cima ad una piccola collina, o per essere più precisi un pianoro, non dissimile a quello dove si trovava anche lui, in linea d'aria la distanza che li separava non era superiore ad un campo da calcio.
  • «Guai, due voci combattono. » rispose Teogene che, nonostante fosse un gufo, sembrava avere un'aria ancora più accigliata di quanto la natura già non volesse che fosse.
  • «Anche quelle sono voci? Così piccole?» non riuscì a trattenere il suo stupore, se gli era sembrato strano vedere un gufo di dodici metri, ancora di più era vedere la differenza tra lui ed altri esseri come lui.
  • «quelle sono le ultime voci al mondo che chiamerei piccole. Andiamo, dobbiamo fermarli...»
  • «mi puoi prendere in groppa?»
  • «Perché? Correndo farai prima...» disse Teogene spalancando le sue ali, grandi come tre vagoni di treno, per spiccare il volo proiettando la sua larga ombra sul verde prato che si espandeva ovunque all'orizzonte. «Muoviti!» incitò al bambino dall'alto.
  • «Saranno almeno 100 metri, e devo scendere da questa e risalire quell'altra collina » obbiettò il bambino.
  • «Prova a fidarti di me!»
Quel gufo non piaceva per niente a Teo, non vedeva l'ora di salire sulla sua schiena dal momento in cui aveva posato gli occhi sulla sua figura. Eppure, anche se quando i loro sguardi si erano incrociati gli era sembrato di comprendere i desideri, la volontà e persino i pensieri di quella “voce” e che la cosa fosse reciproca, lui ignorò la sua richiesta. Sentì il rifiuto come un'offesa e rifiutandosi di sprecare altre parole con Teogene chiuse la bocca e mosse le gambe.
In tre passi era sceso dal pianoro e solo altri due passi li vollero per raggiungere le pietre sopra le quali il gabbiano e il corvo ingaggiavano battaglia.
Teogene, che sincronizzandosi con Teodoro, si innalzò in aria mentre il bambino discendeva la collina e si buttò in picchiata mentre il piccolo risaliva il pendio, atterrò pesante tra i due uccelli. Separandoli e catturandoli con le sue ali, con le quali li strinse a se impedendogli la lotta o la fuga.
  • «Perché litigate?» chiese Teo afferrandosi le gambe, non era sicuro fossero le sue visti i movimenti che aveva compiuto, ma ricordandosi che si trattava solamente di un sogno si rassicurò e preferì investigare sui due strani animali.
  • «Lei ha spezzato la mia gitana! Ci vorrà una settimana almeno perché ritorni da me... era il nostro primo incontro!!!»
Teodoro inorridì, non aveva capito nulla di ciò che la gabbianella avesse detto, ma il fatto che parlasse con la voce di Lydia rendeva inquietante un sogno già parecchio strano.
Il corvo gracchiò, ma Teo non capì nulla.
  • «Lei è qui perché la sua gitana l'ha voluto, dice che Labris non può arrabbiarsi con lei perché ha esaudito un desiderio...»
  • «Non sto capendo niente... chi è Labris? Che vuol dire che ha spezzato la gitana?»
  • «La gabbianella è Labris, e spezzare vuol dire che ha interrotto il sogno del gitano prima della sua fine... l'ha riportato ad essere semplice pietra... guarda, ci sei in mezzo»
Teo guardò i suoi piedi e cacciò fuori dalla gola un'urlo che scosse l'intero mondo attorno a lui fino a che non scomparve nel buio, ritrovandosi a fissare le sagome sfocate degli aeroplanini di carta sulla sua scrivania.
La porta della cameretta si apri sul corridoio inondato di luce, la figura di Virginia era in ombra ma a Teo fu subito familiare, prima che lei chiedesse cosa fosse successo il bambino saltò giù dal letto e gli corse incontro ritrovandosi tra le braccia prima che potesse anche solo pensare di chiedere un'abbraccio. Cominciò a singhiozzare e piangere senza darsi pace ne provare a trattenersi, come solo quando si è bambini si può fare...
  • «Mamma...mamma... ho...mamma»
Ogni parola era interrotta da un singhiozzo o da Virginia, che a sua volta impossibilitata a parlare, lo stringeva così forte da fargli mancare quasi il fiato. Dopo quasi un anno aveva sentito nuovamente il suo bambino chiamarla mamma, e tanta era la gioia quanto il dispiacere. I sentimenti contrastanti divennero forza nelle braccia e debolezza negli occhi, lasciati liberi di sfogare che loro qualche lacrima in ricordo dell'amica mentre nessuno la poteva vedere.

Lydia li osservava dalla soglia di camera sua, stringeva forte la maniglia per rimanere in parte nascosta dalla porta in silenzio. Anche lei si era spaventata a sentire Teo, ma capiva che non poteva fare niente in quel momento che sua madre non stesse già facendo.
Teo incrociò il suo sguardo osservandola da sopra la spalla di Virginia e smise di piangere quasi istantaneamente. Aprì le mani che stringevano il pigiama di Virginia e la donna capì che era il segnale per concludere il loro abbraccio. Le due lacrime che le avevano solcato il viso erano già asciutte, ma si passò ugualmente la mano sulle guance per esserne sicura.
  • «che è successo tesoro? Un brutto sogno?»
  • «si»
  • «Me lo vuoi raccontare?»
Teo rimase in silenzio, avrebbe voluto farlo, ma aveva paura di violare una qualche regola del gioco creato con Lydia. Guardò la bambina oltre le spalle di Virginia, chiedendo il suo permesso con lo sguardo. Lydia annui, capendo perfettamente il bisogno che un attimo prima era stato il suo.
  • «Ho sognato delle pietre, erano per terra, una voce mi ha detto che era una persona che è stata spezzata... io ho guardato le pietre e una era la testa di Lydia, sembrava la sua statua ma era tutta rotta... e loro avevano detto che era una persona... quindi ho creduto che era Lydia fatta a pezzi... e ho urlato...»
Virginia lo abbracciò ancora una volta e Persino Lydia si avvicinò a lui
  • «Era solo un incubo, un brutto incubo... Dai... stanotte vi lascio dormire nella stessa stanza! Facciamo anche un fortino se volete!»
  • «Va bene...» Disse Teo asciugandosi il naso e gli occhi con la manica del pigiama.
Virginia sorvolò sulla delicatezza dei modi del bambino, e lo accompagnò in camera di Lydia. La bambina gli si mise al fianco ma Teo non aveva più il coraggio di guardarla dopo aver pianto ed aver raccontato il sogno.
Virginia preparò il letto in più della cameretta, liberandolo dai peluche e mettendoci un nuovo lenzuolo. Tirò fuori dalla cassettiera anche un lenzuolo scuro e largo sul quale erano state cucite stelle, pianeti e le varie forme della luna ricavati da pezzi di stoffa riciclata, coperte e vestiti smessi o rovinati. Quel lenzuolo era Il Lenzuolo. L'unico adatto per creare i loro fortini.
I bambini ne tirarono un angolo a testa, incastrandolo dietro la testata dei due letti mentre Virginia agganciava due cordicelle a degli anellini che pendevano dal soffitto, installati da Luigi appositamente per non demolire mezza casa in cerca di materiale per i loro giochi. In mezzo ai due letti Virginia si affrettò a portare tutti i cuscini della sua camera e davanti ai due lettini, agganciata al lenzuolo, una tenda su cui un cavaliere e un mago si davano battaglia con spada, bastone e magiche luci che volteggiavano attorno a loro. Ai lati dei letti altre due tende: un bosco dal lato di teo, il mare dal lato di Lydia
  • «Ok, è tutto pronto... che ne dite se la storia la concludiamo adesso invece di domattina... tanto siamo tutti belli svegli, e io credo di aver trovato la giusta ispirazione»
I bambini annuirono e Virginia si sedette in mezzo ai due letti, sopra un cuscino. Afferrò un grosso orsacchiotto dalla pancia bianca che si illuminò d'azzurro quando lei la schiacciò con le mani. Era una bella luce quella del peluche.
  • «Dove eravamo rimasti?» chiese ai bambini.
  • «Il corvo ha fatto un nido sopra la tana dei porcospini» disse Lydia
  • «Giusto!» confermò la madre, che si mise a guardare Teo, la cui bocca scompariva sotto il lenzuolo.
  • «Dunque, il corvo dall'alto dell'albero riusciva a vedere bene tutto ciò che lo circondava, capì subito quello che i porcospini già sapevano. Li la sua vita sarebbe stata molto facile! Avrebbe solo dovuto dividere con i porcospini tutti i doni dell'albero e della terra li vicino, per i due cuccioli, non ci sarebbero stati problemi, Anzi! L'arrivò del corvo fu subito visto come una bella novità! La possibilità di trovare in lui un nuovo amico, che facesse la guardia dall'alto e che gli potesse raccontare tante storie di viaggi, terre lontane e alberi diversi dal loro era vista come qualcosa di unico e di magico. Ma il corvo era fatto di una pasta diversa dalla loro, Perché dividere qualcosa quando la si può tenere tutta per se?
    Il corvo era vecchio e furbo, aveva visto tanti posti e fatto lunghi viaggi in vita sua. Sapeva bene come mandar via i porcospini, persino con il sorriso stampato sui loro bei musetti.»
Lydia si strinse le braccia e senza accorgersene avvicinò il viso alla madre. Che subito le sorrise e proseguì la storia
  • «Proprio come sto facendo io con voi, Il corvo raccontò ai porcospini una bella storia. Non c'è nulla di meglio per incantare i cuccioli della promessa di un divertimento, una lezione, e un'avventura tutti racchiusi in 5 minuti di belle parole. Ma state attenti, qualche storia nasconde lezioni sbagliate e se prestate troppo interesse rischiate di cadere dal letto...»
Virginia accarezzò la spalla di Lydia che si accorse di essere pericolosamente vicina al bordo del materasso. Poi accarezzò anche Teo, il quale stava fissando Lydia senza riuscire ne a scacciare dalla mente il viso pietrificato della sorella ne volerlo darlo a vedere.
  • «Il corvo, invitato a cena dai due cuccioli, saziata la pancia, li ringraziò cercando di imbrogliarli con la storia che aveva preparato: “sono in viaggio ormai da anni sapete, ho visto ogni genere di albero e ogni sorta di frutto. Da quelli dolci a quelli amari. Da quelli secchi a quelli succosi... ma mai nessuno era buono come il frutto della fatica” disse il corvo. “il frutto della fatica?” chiesero in coro i due porcospini. “che frutto è?” chiese il maschietto. “è un frutto molto raro! può nascere da ogni albero, e da dei doni speciali a chi riesce a mangiarlo! ma è difficile da trovare...e gli alberi vecchi come questo gli hanno già dati via tutti...” gli rispose il corvo. “per mangiarlo dobbiamo trovare un albero più giovane di questo?” chiese la dolce femminuccia al vecchio corvo. “Si” le rispose lui “o ancora meglio, dovete seminare voi l'albero... lontano da qui, in un posto dove non ci sono altri alberi, un posto dove sia anche difficile far crescere qualcosa”. I due cuccioli erano un po' preoccupati, ma desideravano tanto assaggiare il magico frutto, così, il giorno dopo, i due si misero in viaggio lasciando il corvo a godersi tutto il ben di Dio che quell'albero poteva offrirgli. Il viaggio dei due porcospini però era iniziato bene per loro... »
Ma Virginia dovette interrompersi. I due bambini erano crollati nel sonno, e non prestavano più attenzione alla sua storia. Non capitava spesso, ma l'ora era tarda, e anche se non era stata una delle notti più serene, bastò poco ai due fratellini per tornare a sentirsi al sicuro e liberi di chiudere gli occhi.
  • «c'è sempre tempo per concludere una bella storia.» sussurrò Virginia all'orsacchiotto luminoso mentre gli spegneva la pancia e si allontanava gattonando dal fortino, evitando di fare più rumore di quanto non fosse necessario.
Uscendo dalla porta si fermò ad osservare il fortino e il suo tetto coperto di stelle. Pensò a Federico e Camilla, augurandosi che stessero coricati su una di quelle stelle di stoffa a vegliare su quei due bambini tanto speciali.

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