sabato 19 marzo 2011

Il Trono del Re e della Regina.

Prendere in mano un pulcino può essere una cosa estremamente difficile. A Isabella, ormai, veniva naturale e i piccolini non emettevano un suono mentre passavano dal fondo della scatola alla sua mano. La musica cambiava quando i bambini cercavano di accarezzarlo, o peggio prenderne uno in custodia per un attimo, Il piccolo piumino giallo pigolava come un disperato perché la stretta di Lydia era troppo forte, mentre tra le mani di Teodoro la progenie delle galline si illudeva di avere sangue d'aquila, tentando di librarsi in volo e finendo con il tuffarsi al suolo.
  • «Attenti» disse nonna Isabella «una mano sotto le zampe, e una sopra, così li potete tenere al caldo...»
  • «Le zampine fanno il solletico!!» disse Teo trattenendo a stento la risata
  • «è morbidissimo... Possiamo portarne uno a casa Zio?» Chiese Lydia a Luigi che stava già cominciando a stancarsi di riacchiappare i pulcini che saltavano giù dalle mani di Teo;
  • «Non sarebbe un bene per lui, qui ha la gabbietta, sta assieme alla sua mamma e può muoversi libero...a casa nostra dovrebbe stare in cortile, e se passasse un gatto randagio mentre siete a scuola?»
  • «Gia, hai ragione... però possiamo venire a giocarci quando vogliamo vero?» Chiese Teodoro alla nonna;
  • «Certo, i pulcini sono fatti per stare assieme!!» disse l'anziana donna stringendo due dita sulla guancia sinistra del nipote rendendola di un bel colore rosso accesso
  • «Nonna, non chiamarmi pulcino! Sono grande adesso...»
  • «Per me sarai sempre un pulcino, e pulcino continuerò a chiamarti. Quando i pulcini crescono diventano polli, preferisci essere chiamato così?»
  • «no però...dai nonna, Chiamami Solo Teo...»
  • «e va bene, come vuoi pulcino...» rispose lei, e gli strinse anche l'altra guancia allo stesso modo.
Rimessi i pulcini dentro l'aia e tirato fuori Calimero dall'incubatrice, Nonna e nipoti si diressero dentro la casa, mentre Luigi si spostava verso il quadrato di terra dove cresceva la vigna per controllare lo stato delle viti.
L'interno della casa della nonna sembrava quasi un museo, era ricco di quadretti appesi ai muri, lavori di ricamo incorniciati, foto antiche e vecchi attrezzi da lavoro. Nel piccolo atrio dell'ingresso vi erano due tavolini, uno pieno di scatolette di latta che una volta contenevano biscotti dove la nonna conservava pezzi di stoffa e vecchi bottoni. L'altro invece ospitava una vecchia macchina da cucire, Nera e lucida che veniva azionata da un pedale incastrato tra le gambe metalliche del tavolo e collegato alla macchina con una corda. Quando era in funzione faceva un rumore assordante, eppure la sua ritmicità era estremamente coinvolgente e affascinante, tanto da essere diventato ben presto uno dei tre “giocattoli” proibiti in quella casa, assieme al fucile del nonno messo in disarmo ad un'altezza improponibile per dei bambini e ad un antico vaso rinchiuso da tempo dentro una credenza di vetro chiusa a chiave dal giorno in cui Teo mosse i suoi primi e stentati passi andando ad urtare involontariamente contro qualsiasi mobile della casa. Piedistallo dove il vaso poggiava era rimasto vuoto dal giorno, ma su di esso vi era ancora poggiato un delicatissimo centrino fatto a mano, in verità nella casa non vi era un tavolo, cassapanca, cassettiera o superficie orizzontale senza un centrino fatto a mano poggiato sopra. Isabella Teneva molto a quella casa e ad ogni ricordo ad essa associato. Sebbene il tetto dall'esterno non sembrasse promettere protezione e riparo, i lavori di restauro che l'anziana donna programmava ogni anno di fare, tenevano la sua dimora calda d'inverno, asciutta sotto la pioggia e fresca d'estate. Lei dava il merito ai muri di vecchia pietra, ma bastava essere li per capire che c'era qualcosa di più tra quelle mura, qualcosa che non era semplice pietra.
  • «volete mangiare qualcosa? Fare un po di merenda?» Disse la donna entrando nella sala da pranzo, girando attorno al tavolo e dirigendosi verso la grande credenza di noce al centro del muro di fronte al loro, sopra la quale poggiava un vecchio televisore che la nonna si preoccupava di tenere spento quanto più a lungo possibile;
  • «No, grazie nonna... abbiamo mangiato da poco....» Disse garbata Lydia
  • «Da poco? Cosa vuol dire poco? 5 minuti fa? 10?» Disse Isabella ancora girata di spalle mentre frugava nella credenza;
  • «Un ora, quasi...» Rispose Teo, un po imbarazzato da dover rispondere di no alla nonna, anche perché sapeva che non si sarebbe arresa facilmente.
  • «Ma un'ora e tantissimo! Dovete diventare grandi in fretta per aiutare la nonna... quindi, adesso, vi prendete una bella fetta di questa crostata! »

Bham! Un piatto di ceramica per dolci veniva messo sul tavolo con tutto il suo peso, facendo tintinnare la campana di vetro che proteggeva la crostata fatta il giorno stesso da nonna Isabella. Tolto Il coperchio di vetro L'odore della marmellata di More colpì i due bambini dritto al naso facendo loro scoprire una fame che non sapevano di avere. Era alta due dita, i bordi rialzati, dorati e un po frastagliati, avrebbe ricordato una corona ripiena di marmellata viola scuro se non fosse stato per una porzione mancante, una fetta tagliata, che non faceva altro che mostrare meglio ai bambini l'invitante interno del dolce.
  • «Questa l'ho fatta oggi, le more le ho raccolte ieri pomeriggio facendo una passeggiata lungo il sentiero per la cima, e prima di andare a dormire ne ho fatto una marmellata... dopo pranzo ne ho preso una fetta, poi per essere sicura ne ho presa un'altra... e proprio Buona! Sicuri di non avere fame? »
  • «Io ne prendo una fetta piccola!» Disse Teo!
  • «Io una grande!» Seguì Lydia.
  • «Allora ne voglio una grande anche io!!»
La nonna soddisfatta tagliò due belle fette di crostata ai bambini e le sistemò su dei tovagliolini di carta, ogni volta che il coltello toccava la marmellata, questa sembrava emanare un profumo sempre più buono, tanto che anche lei non riuscì a resistere e se ne taglio un pezzetto, minuscolo in confronto alle fette dei nipoti, ma abbastanza per poter far loro compagnia nella merenda.
Finite le fette e spazzolate anche le briciole, i due bambini chiesero il permesso alla nonna di andare a giocare fuori,
  • «Fate vedere le scarpe chiese lei..»
I due mostrarono alla nonna due enormi sorrisi e quattro scarponcini coperti di terra e fango
  • «Va bene, sono sporchi...Ma Lydia è stata più attenta a non pulirli! Prima di andare ho un premio per te! Comunque potete fare di meglio! Andate, ma state attenti e non disturbate le galline!!»
Ricevuta la benedizione della nonna, potevano finalmente andare a correre tra gli alberi e arrampicarsi sopra il vecchio Olivo che cresceva dietro la vigna.
Luigi li vide sfrecciare via, e lasciandoli al loro divertimento si dirisse dalla sua mamma con un paio di grappoli d'uva in mano e un sorriso luminoso in volto.
  • «Cosa gli hai fatto mangiare?» Chiese Luigi fingendo di essere disturbato dal desiderio della Madre di Viziare i nipoti.
  • «Solo cose Buone! E se non cambi tono di voce non te faccio toccare nemmeno un pezzo. E lavati le mani...»
Certe cose non cambiano mai, pensò Luigi entrando in casa per chiacchierare con la madre.
Mangiata una fetta di crostata e scambiati i convenevoli sulla salute e i vari acciacchi, Luigi esordì:
  • «Virginia ha trovato una piuma nera in un parco oggi.» e a queste parole le mani di Isabella si unirono poggiandosi sul suo petto;
  • «Povera Ragazza, si è spaventata molto?» chiese ansiosa al figlio
  • «Non immagini quanto, ho provato a dirle che non voleva dire nulla, ma...» la madre interruppe la frase che le suonava troppo denigratoria con un'esclamazione secca e dura.
  • «Non è vero che non vuol dire nulla! in passato ha sempre voluto dire qualcosa. Sarà per stanotte probabilmente...»
  • «Cosa? Sarà per stanotte, cosa?» sussurò. E gli occhi di Luigi si sbarrarono, curiosi e nervosi saettavano ovunque sul volto della madre, le mani strette a pungo sotto il tavolo, lingua stretta tra i denti in silenziosa attesa di risposta.
  • «Non lo so, ma sarà un cambiamento, Quando Camilla cambiava umore, era dalla sera alla mattina...Ma era una donna allegra, se suo figlio e come lei, non succederà nulla di male... state sereni... Portagli il resto della crostata! Non toglierà la paura, ma magari la farà stare meglio.»
I due Bambini Avevano corso a perdifiato per tutta la vigna e attorno agli alberi del frutteto, ciò che mancava era salire Sull'albero dell'ulivo fino dove il tronco era stato tagliato, a poco più di due metri d'altezza, il tronco era privo della punta ma dei rami erano comunque cresciuti attorno, sollevandosi verso il cielo. Sedersi li sopra, dove sarebbe dovuto esserci il resto del tronco, per Lydia era come guardare il mondo con gli occhi dell'albero. Per Teo invece era come prende posto su un trono, sicuro, che se ci fosse stato un re a regnare sulla montagna, avrebbe scelto quel posto per sedersi, anche se non si trovava sulla cima; Teo pensava ai Re come a delle persone speciali, un re e il capo di un popolo, quindi deve essere migliore di ogni altra persona... Ma non può dare semplicemente ordini, decidere le cose da solo e punire chi non ubbidisce a quello che decide lui... altrimenti non sarebbe un Re, ma solo un pirata, come quelli che obbligavano i prigionieri a remare sottocoperta come in una storia che aveva letto. Un Re, secondo Teo, doveva saper aiutare il proprio popolo e mettersi al servizio degli abitanti meno importanti di lui, quindi, perché stare in cima alla montagna, quando a metà strada si stava più comodi? Inoltre sarebbe potuto stare vicino al suo popolo, in particolare la nonna e le sue crostate. Se lui fosse stato re, avrebbe chiesto le crostate come moneta di scambio ufficiale.
Teo e Lydia si litigarono il posto per un po, poi decisero di sedercisi assieme, guardano uno in una direzione e una nell'altra, Teo verso la cima, Lydia verso la valle.
  • «Sarebbe bello poter volare sin laggiù vero?» chiese Lydia
  • «Sarebbe bello volare!» ammise mestamente Teo
  • «Credevo ti spaventasse volare...»
  • «No, mi spaventa cadere...ma Solo da molto in alto, sugli alberi non ho paura.»
  • «a Cosa stai pensando adesso?»
  • «a cosa farei se fossi un Re...»
  • «Se tu fossi un re, io sarei una regina... sono più grande!»
  • «Regina? Regina di cosa?»
  • «La regina della Valle, ci volerei sopra e distruggerei i nemici cadendo in picchiata dal cielo!»
  • «Le regine non volano... e forse se fossi la regina del cielo...»
  • «La regina del cielo e la madonna! Non si può essere la Regina del cielo... e poi, se posso essere Regina posso anche volare!» come se volesse dire, tanto che stiamo giocando di fantasia, giochiamoci bene. Ed il compagno di giochi non si fece ne pregare ne attendere
  • «Allora io sarei il re della montagna, e l'ombra del mio Regno schiaccerebbe il tuo ogni giorno! E mi trasformerei in un uccello per volare! Così nessuno saprebbe mai se sono o non sono io quello che vola»
  • «Che brutto! Non ti trasformeresti in corvo vero?» chiese Lydia tirando indietro la testa per guardare Teo inorridita
  • «No! Certo che no... sarei un Gufo, la montagna è piena, e quando volano nessuno si accorge di loro... devi essere fortunato per vederli, sono molto furbi.»
  • «a Me invece, piacerebbe essere un gabbiano...»
  • «Quello del mio sogno non sembrava essere molto fortunato...» Disse Teo un po preoccupato per la scelta di Lydia;
  • «Ma ha combattuto! E si è liberato... mi piace, deve essere molto forte!»
  • «Già... lo immaginavo...» ammise Teo lentamente, dando alla sua fantasia modo di galoppare libera per qualche secondo, sino a che la sorella non l'interruppe
  • «Cosa te lo fa dire che lo immaginavi?» Chiese Lydia un po incuriosita e un po' scocciata dal essere sempre così prevedibile per Teodoro.
  • «I nostri sogni sono sempre collegati no? Tu sei volata via, Il corvo ha colpito la sfera di luce e poi, rimasto senza, era triste...poi nel mio sogno con il gabbiano stretto attorno a se, non era triste... anzi, il contrario! e se la tua sfera e il mio gabbiano fossero collegati?»
  • «Che centra una palla di luce con un gabbiano?» chiese Lydia un po' diffidente alla teoria dell'amico
  • «Be, magari era un uovo... no?»
  • «No! Era troppo strano per essere un uovo... e poi dai... è già strano che sogniamo alcune cose uguali, perché ne vuoi aggiungere altre?» e saltando giù dall'albero si allontanò da Teo, un po infastidita, un po' distratta dal pensiero che Teo potesse avere ragione.

mercoledì 16 marzo 2011

La casa di Nonna Isabella

Mentre si dirigeva in soggiorno passando davanti alle scale, Virginia si vide precipitare tra le braccia un piccolo ciclone dai capelli neri che solo poco dopo realizzò essere sua figlia.
  • «Vuoi andare anche tu con lo Zio e Teo vero? »
  • «Posso mamma?»
  • «Non lo so, puoi?»
  • «Non ho compiti, ne niente da fare... e poi non vedo nonna Isabella da tantissimo!!! »
  • «Dai, non è tantissimo... non sarà passata nemmeno una settimana...»
  • «E tu lasceresti che passasse una settimana??»
Virginia si girò in direzione del soggiorno guardando di traverso la figlia, che era riuscita per l'ennesima volta a metterla in una posizione scomoda, realizzò così di doverle insegnare qualche arte che andasse oltre il semplice agitare la lingua a mo' di spada.
  • «Se ti do il permesso, prometti di acconsentire ad ogni mia richiesta?»
  • «Acconsentire vuol dire essere d'accordo?»
  • «Vuol dire dare il consenso, quindi rispondere di Si a qualsiasi cosa...»
  • «Ma non saranno cose troppo brutte?»
  • «Tua mamma potrebbe mai chiederti cose brutte?»
  • «Ok, allora va bene... farò tutto quello che vuoi!! posso??»
  • «Vai e divertiti, e dai un bacione a Nonna Isabella anche da parte mia!»

Lydia abbracciò la mamma all'altezza della vita e scappò ad infilarsi gli scarponcini per andare in campagna che teneva nel cassetto basso della scarpiera del sottoscala, al loro fianco lo spazio vuoto lasciata dagli scarponcini di Teo che il bambino aveva quasi finito di allacciare. Al contrario di qualunque altra scarpa di Lydia quegli scarponcini erano così sporchi che era difficile capirne il colore originario, e anche se il loro interno era pulito e fresco era difficile immaginare il motivo per cui una bambina fosse così felice di mettere delle scarpe tanto luride.
  • «Andiamo bambini... su di corsa in macchina!» Urlo Luigi mentre apriva lo sportello della sua auto prendendosi un momento per mettersi comodo al posto di guida.
Teodoro prese posto affianco al padre e pochi secondi dopo Lydia si tuffò sul sedile posteriore con i lacci delle scarpe ancora sciolti.
  • «Cinture?» chiese Luigi
  • «Allacciate!!» Risposero in coro i bambini mentre il motore si avviava rombando
  • «Salutate Virginia allora, partiamo!»

E mentre i bambini agitavano le mani e Luigi dava due colpi al clacson la macchina si lasciò casa e vialetto alle spalle.
Il viaggio non era dei più lunghi, una volta attraversate le vie più trafficate restavano pochi chilometri di strada panoramica, per poi finire sul sentiero di collina che avrebbe portato al piccolo pezzetto di Terra dove nonna Isabella aveva casa. Teo guardava fuori dal finestrino Mentre Lydia interrogava lo Zio su quello che avrebbe fatto una volta giunti a destinazione:
  • «Devi raccogliere L'uva oggi Zio?»
  • «No Oggi no, Ma forse ne prenderò qualche grappolo per assaggiarla...»
  • «Prenderai anche Angurie e meloni?»
  • «Meloni si, Angurie non so... se la nonna non le ha già raccolte, forse...»
  • «Possiamo giocare Con le galline?» chiese infine con un'inflessione speranzosa
  • «Potete Giocare! Ma non disturbate troppo le galline, dopo le nostre visite tardano sempre qualche giorno per fare le uova...»
  • «Non Disturbiamo le galline! Si divertono anche loro...»
  • «E come fai a dirlo?»
  • «Be, scappano! Se non si divertissero, sarebbero loro ad inseguire noi! No?»
  • «ahahah! Per fortuna eh? Loro hanno becchi e artigli... non avreste speranze!»
  • «Noo... Noi Potremmo sconfiggere le galline! Vero Teo?»
Teo tornò a guardare dentro la macchina per rispondere alla domanda, ma la sua risposta non fu quella che Lydia si aspettava:
  • «Non lo so, e se una volta sconfitte non fanno più uova? Meglio lasciarsi beccare un po e avere le frittate...»
Luigi rise ancora! Impressionato dalla praticità del ragionamento del figlio, da quando aveva imparato a parlare Teo non aveva mai smesso di stupire il padre ogni volta che apriva la bocca
  • «Sei molto Pratico eh!? Ma prenderesti lo stesso le uova di una gallina che ti becca la mano? Non le daresti un colpo in risposta?»
  • «e se lei mi becca di nuovo? Meglio prendersi una beccata e un uovo che due beccate e nessun uovo... no? »
  • «Non hai paura delle galline vero Teo?» chiese Lydia divertita
  • «NO! Ma non le voglio nemmeno picchiare...»

La macchina rallentò prima di svoltare a destra per una strada poco battuta che avrebbe portato ad un cancello verde con i cardini fissati su due colonne di cemento quasi completamente coperte da cespugli di cisto e ginestra che tracciavano anche i confini del sentiero che si estendeva oltre la cancellata. Luigi mise la macchina in folle, tirò il freno a mano e scese a spingere il cancello per poter portare oltre la macchina. Anche i Bambini scesero, sapendo già di dover richiudere il cancello una volta che la macchina fosse passata oltre. Luigi non aspettò i due e si diresse oltre la curva che nascondeva la casa e il resto del sentiero, mentre i bambini una volta richiuso il cancello si misero a correre dietro la macchina incuranti del fango che andavano calpestando, concentrandosi solamente sull'arrivare per primi al grande mandorlo che cresceva davanti alla casina della nonna a poco meno di cento metri dalla curva.

La casa si estendeva su un solo piano, escludendo la cantina dove venivano immagazzinate conserve, damigiane di vino, e vecchi attrezzi da lavoro; Le mura erano bianche e alte, il tetto di vecchie tegole rosse, alcune rotte, ma l'edificio non sembrava cadente. Se a qualcuno venisse mai in mente di schiacciare l'intera dimora della nonna in un'unica e striminzita parola, forse “vissuta” potrebbe fare al caso suo.

Quando i bambini Arrivarono al mandorlo, Lydia con pochi metri di vantaggio su Teodoro, Luigi era già sceso dalla macchina, ma non riuscendo a vedere dove fosse andato cominciarono a chiamarlo per nome a voce alta;
  • «Papà!»
  • «Ziooo!!!»
poco dopo il secondo Urlo Luigi Si fece vedere sbucando dal muro dietro la casa con un dito indice poggiato rigidamente sulle labbra mentre con l'altra mano faceva gesto ai bambini di seguirlo dietro la casa, verso il pollaio, ovviamente in silenzio.
La maggior parte delle galline razzolava davanti all'aia tranquille, ma oltre il recinto la gonna Nera di nonna Isabella sbucava fuori dalla casina di legno dove le galline andavano a dormire. Luigi Fece entrare i Bambini dentro il pollaio, e alla nonna non ci volle molto per voltarsi, mettersi in piedi e sorridere ai nipoti.
Nonna Isabella vestiva con una lunga gonna nera e una camicetta blu molto scuro e un po' rovinata che usava proprio per lavorare, aveva un bel sorriso seppur non mostrasse alcun dente e anche se gli anni le avevano lasciato qualche macchia sul volto queste imperfezioni non sembravano togliere qualcosa alla bellezza che in gioventù doveva essere sfolgorante. Gli occhi Grigi chiaro saettarono da Teodoro a Lydia e le mani salirono da prima da aggiustarsi i capelli, per la maggior parte stretti in una crocchia, e poi si protrassero verso i bambini poggiandosi sulle guance di entrambi morbide come il velluto avvicinando i loro volti al suo e dando loro un grosso bacione, che svelto Teo si affrettò a cancellare via con il dorso della mano una volta che la nonna girò a prendere il cestino di uova lasciato nel pollaio, e facendo poi cenno ai bambini di prendere posto, in silenzio, la dove stava lei.

Dentro una scatolina di plastica trasparente illuminata da una lampadina, una minuscola ala bianca, un po umida usciva fuori da un ovetto rotto quasi per tutta la sua circonferenza. La nonna batté un colpetto sulle spalle di entrambi per farli girare verso di lei e assicurarsi che lo spettacolo fosse di loro gusto. Loro sorrisero e tornarono ad osservare L'uovo che stava per schiudersi mentre Nonna Isabella, da dietro gli sussurrava
  • «Manca pochissimo, non perdetevelo!! avevate mai visto un pulcino così piccolo??»
Entrambi rimasero in silenzio, limitandosi a muovere il capo da destra verso sinistra, come ipnotizzati da quello scricciolo che lottava per vivere.
Lydia provò ad allungare la mano verso l'uovo, ma Teodoro le intercettò il braccio fermandolo a metà, come se avesse capito le intenzioni di Lydia di aiutare la schiusa. Le strinse da prima il polso, e lei accentando di rimanere paziente gli strinse la mano fremente nell'attesa. Un secondo dopo l'uovo si ruppe e il pulcino che per un attimo si trovo a zampe all'aria si sollevò sulle zampette fini sottili più del picciolo di una mela, un pezzo di guscio gli rimase sulla testa, e il piumaggio bianco, che umido com'era sembrava tendere al grigio sotto quella luce fece nascere nella bocca dei bambini la stessa esclamazione:
  • «CALIMERO!!!»
I due uscirono per mostrare il piccolo a Luigi e alla nonna, anche se Il pulcino si era già scrollato di dosso il pezzo di guscio, ma prima di raccontare qualsiasi cosa a qualcuno dovettero sgranare gli occhi un'altra volta. Luigi teneva tra la mani uno scatolone che pigolava allo stesso modo del pulcino che era appena uscito dall'uovo, Al suo interno vi erano altri cinque palline di piume bianche, alcune un po più gialle che urlavano la loro fame e la loro voglia di libertà.
- «Vi Piacciono? Sono nati mentre voi eravate a scuola stamattina... quello che avete chiamato Calimero invece sembra che vi abbia voluto aspettare»