Ci sono cose che la vita ci costringe a
fare, altre che ci costringiamo a fare noi stessi. Delle volte
chiamiamo “scelta” la strada che percorriamo, ed è facile
riconoscere chi nel farlo mente. Puoi fare lo stesso lavoro per anni,
sorridere tutti i giorni ed essere felice dei piccoli traguardi
raggiunti con fatica, poi smetti di sorridere e invece della
tristezza senti il sollievo. In quel momento capisci che sei un
bugiardo e puoi di nuovo scegliere: continuare sulla strada e mentire
o toglierti le scarpe e passeggiare sull'erba che cresceva lungo il
sentiero. Quando Virginia capì che la parte migliore del panorama
era poterne fare parte, diede al suo capo la lettera che, con un mese
di preavviso, lo informava delle sue intenzioni. Da quel giorno
camminando per l'ufficio le sembrava di sentire l'erba sotto i piedi
e la rugiada tra le dita, si sentiva libera e il lavoro le risultò
più leggero di quanto non fosse mai stato. Dopo il primo compleanno
di Lydia, Virginia si rese conto che non le sarebbe stato facile
continuare a vivere con la sola indennità del marito, e non voleva
che sua figlia crescesse senza avere un punto di riferimento, una
figura nella sua vita che le mostrasse cosa volesse dire lavorare.
Gli studi universitari mai completati non potevano aiutarla, e
riprenderli a quel punto sarebbe stato un grosso azzardo, cercò
quindi impieghi come rappresentate e venditrice, puntando sui suoi
modi gentili e la bella presenza, qualità richiesta in ogni annuncio
e che seppur timidamente lei sapeva di possedere. Con sua Grande
fortuna trovò lavoro presso una agenzia immobiliare che le garantiva
uno stipendio minimo pari all'indennità statale e la possibilità di
ricevere delle provvigioni su ogni vendita conclusa con successo.
Molti furbi le consigliano mantenere l'indennità e se proprio voleva
lavorare richiedere unicamente le provvigioni così da farle passare
come attività occasionali o direttamente non denunciarle ed evadere
le tasse, ma non era quel tipo di persona e, per non esprimere
giudizi su quei consigli, rispondeva di non voler dare quel esempio
alla figlia di un uomo come fu Federico.
Lavorare nel settore immobiliare era
molto duro, un ambiente competitivo dove per emergere era necessario
essere perlomeno un po' venali, se non si è capaci di diventare
all'occorrenza degli squali. Per Virginia la parte peggiore era fare
rapporto delle proprie vendite al suo responsabile, una donna che
rispondeva al nome di Silvia.
Quando Virginia iniziò a lavorare le
insegnò tutto lei, compresi alcuni trucchi non proprio deontologici
che sebbene L'allieva non fosse capace di usare, facevano parte di
una cultura che era meglio tenere segreta, e per questo motivo,
veniva tramandata da un maestro solamente all'allievo più
meritevole, come un'antica arte marziale il cui scopo era spennare i
polli.
Questa donna era fattezze estremamente
minute, con un volto delicato e morbido, sempre colorito che le dava
quando sorrideva un'espressione di eterna bambina. e la sua voce
sembrava unta con il miele e spolverata con lo zucchero, ma quando
una vendita veniva chiusa al disotto delle sue aspettative diventava
rauca e sottile come un sibilo e i suoi capelli ricci si gonfiavano
dietro la nuca dandole l'aspetto di un grosso gatto soriano a cui
avevano appena pestato la coda. Questo era l'aspetto di Silvia
nell'ultimo mese ogni volta che si trovava a pochi metri da Virginia.
Giunto il fatidico giorno, mentre
Virginia sgomberava la sua scrivania, un sibilo familiare le
attraversò le orecchie:
« Credi davvero di poter trovare un
altro posto come questo? Un altro lavoro che ti possa dare tanto?
Posso strappare le tue dimissioni oggi stesso, possiamo ridiscutere
le condizioni del tuo contratto se vuoi...» Per quanto Silvia fosse
una brava venditrice, quella trattativa sembrava metterla
estremamente a disagio, sentiva di non essere al posto giusto nel
fare quelle proposte.
« Rimani nel tuo settore, Comprare è
difficile... delle volte impossibile.» Disse Virginia sollevando la
scatolina che racchiudeva al suo interno le poche cose che voleva
portare via da quel posto con se.
Silvia spalancò la bocca dando l'idea
di non ricordarsi come fare per chiuderla, ed approfittando di quel
momento Virginia si chinò per cingerli il braccio libero attorno
alle spalle.
« Grazie di tutto! Ci vediamo al
compleanno dei bambini se ti va...»
a quelle parole i capelli di Silvia si
sgonfiarono un po' mentre la bocca si chiuse in un sorriso, lasciando
Virginia libera di abbandonare quell'ufficio senza rimpianti e con la
fresca sensazione dell'erba sotto i piedi.
Giunta alla sua macchina poggiò la
scatola nel bagagliaio e ne estrasse un piccolo blocco per gli
appunti dove riportò un pensiero che gli attraversò la mente
durante la sua passeggiata verso la macchina:
-l'ultimo passo è sempre il più
emozionante, ma sono i precedenti a renderlo tale. Non bisogna
saltarne nessuno.-
L'avrebbe usato nel prossimo libro di
racconti, o forse nel successivo ancora, doveva scriverne perlomeno
altri tre quindi aveva bisogno di ogni più piccola idea che le
attraversasse la mente o in breve tempo avrebbe dovuto far ritorno a
quell'ufficio, ricordando che il pavimento non era d'erba ma di
freddo marmo.
Ma non valeva la pena pensarci ora. Il
suo primo libro vendeva bene, poteva passare più tempo con la figlia
prima che giungesse all'età in cui “passare del tempo assieme”
potesse diventare una sorta di tortura, prima per una e di
conseguenza anche per l'altra.
Aveva ancora un'oretta prima di dover
prendere i bambini a scuola, poteva prendersi un attimo per se, anche
perché tornando a casa avrebbe solamente disturbato il riposo di
Luigi. Mise il blocco per appunti nella borsetta e, dopo aver chiuso
la macchina, si avviò verso un parco non troppo lontano dove avrebbe
potuto prendere un po' d'aria fresca e magari bere un caffè in un
chioschetto che sarebbe dovuto essere ancora aperto benché la
stagione estiva fosse sul punto di concludersi. Purtroppo non era
così ma la possibilità di togliersi le scarpe e passeggiare scalza
sull'erba come aveva immaginato di fare per un mese fu decisamente
meglio della dose di caffeina del chiosco.
Una piccolo premio per il duro lavoro,
per gli obbiettivi raggiunti, e per incentivare tutto quello che
sarebbe venuto da quel giorno in poi.
Era tutto perfetto, fino a quando non
sentì qualcosa pungerle il piede. Abbassò lo sguardo, e trovò una
piuma nera fare capolino da sotto le sue dita. Un brivido le
attraversò il corpo dal tallone alla nuca facendole indossare
velocemente le scarpe e poi correre dritta verso la macchina. Doveva
tornare di corsa dai bambini e assicurarsi che si trattasse solo di
una coincidenza.