mercoledì 29 dicembre 2010

Il grande Corvo

«Ho rivisto per un attimo la stanza, è stato molto più veloce del solito e non c'era nessuno stavolta» Disse Lydia con un breve sospiro « sono riuscita a distinguere un'altro pezzo delle forme con cui è decorato il suolo, poi lo aggiungo al disegno! Comunque subito dopo mi sono trovata in casa, affianco al mio letto... come sempre la stanza era più piccola e come mi hai suggerito sono uscita dalla finestra per fare prima! Stanotte il sole era verde e tutto attorno alla casa aveva preso quel colore.... sembrava di stare in mezzo ad una valle erbosa, dove anche le case sembravano essere state tutte coperte di erba! E poi l'ho risentito! Era dentro una palla di luce bianca... ma il corvo è uscito fuori e ha colpito la palla di luce che è sparita! Poi si è girato verso di me... ma stavolta ho provato a inventarmi qualcosa come hai detto tu... ma io sono riuscita solo a muovermi... ho saltato e mi è sembrato quasi di volare! Ma poi sono caduta e il sogno e finito...»
  • «Volare? Quanto hai saltato in alto? » le chiese Teo con gli occhi sbarrati.
Era rimasto incantato dal racconto, a partire dal paesaggio erboso dove ogni cosa era verde e coperta da un manto vegetale. Guardò fuori dalla finestra immaginando il paesaggio uniformato nel colore dell'erba di prato mentre Lydia rispondeva cercando di riportare alla mente la sensazione del sogno
  • «Ho saltato molto in Alto! Ho guardato il corvo negli occhi! Sembrava triste... si alzava man mano che mi sollevavo io e per un po mi è sembrato di volare perché non sentivo nessun peso, solo la voglia di salire più in alto del corvo... ma davvero... quando ho visto il corvo negli occhi non volevo più superarlo... era triste davvero! »
Teo continuò a osservare fuori, ma non era rimasto insensibile alle parole di Lydia, e quando la sorella finì lui la fissò un attimo prima di parlare.
  • « Ho visto anche io la sala... ma non ho visto il pavimento, ho fissato il soffitto! Era fatto d'acqua! Ed emetteva una luce verde! Ma non colorava il buio della sala... poi tutto è sparito e mi sono ritrovato a scuola. C'erano le solite statue e la grossa colonna che da sopra la scuola si alzava verso il cielo... poi da sopra la colonna e sceso il grande corvo! Era più grande dell'ultima volta e aveva un gabbiano tra le zampe! Non so cosa ci volesse fare ma il gabbiano sembrava arrabbiato... aveva gli occhi gialli e beccava forte le zampe del corvo! Io sono scappato dentro le piante di rovo della scuola, che si sono trasformate in ferro come sono entrato... non ricordo se l'ho voluto io o se sono state loro da sole... ma il corvo non è riuscito a toccarmi... poi il gabbiano si è illuminato tutto ed è scappato via e io sono scappato dentro la scuola. Ho camminato un po per il corridoio e quando sono arrivato al cimitero Due grosse luci gialle mi hanno accecato... sembravano due occhi enormi... non solo ho smesso di sognare! Mi sono anche svegliato!»

Teo era particolarmente agitato mentre raccontava il suo sogno, ma si prese di proposito una pausa per calmarsi e per raccontare l'ultimo e più inquietante particolare a Lydia che stringeva forte le sue ginocchia nella speranza che quel racconto non fosse finito li.
  • «Teo! Luigi sta andando in campagna da tuo nonno... »
  • «Mamma!!!»
  • «Ziaa!!!»
  • «Ok! Scusate... tanto non ho sentito nulla dei vostri sogni... »
  • «Come facevi a sapere che parlavamo di sogni allora??» disse Lydia adirata
  • «l'ho immaginato... di sicuro non siete riusciti a farlo di mattina, quindi...» si giustificò Virginia
  • «Ok Zia, non fa niente... chiudi solo la porta un attimo, finito qui raggiungo papà.»
  • «Va bene, ma fai in fretta, sai che non sopporta aspettare...» e chiudendo la porta dietro di se lascio i bambini al loro gioco.
Teo fissò la porta per un attimo, come se volesse guardarci attraverso per capire se la zia stava ancora li dietro e potesse sentire la loro discussione, non che se ne vergognasse, o almeno non molto. Ma preferiva tenere quei racconti solo per Lydia.
  • «C'è un'ultima cosa» disse Teo quando pensò che ormai non c'erano orecchie a poter intercettare il loro racconto «Ho risentito la voce! Ma non nella stanza... era dietro le due luci gialle!»
  • «La voce? Cosa ti ha detto!!» Lydia aveva lasciato le sue ginocchia per stringere le mani di Teo che non rimase stupito dal contatto, Lydia aveva spesso il vizio di mettere la mani addosso, ma quella volta la sua stretta fu particolarmente energica
  • «Ha detto “c'è n'è un'altra qui” ma non ho capito cosa volesse dire... mi sono svegliato prima di poter chiedere qualcosa...» e si liberò dalla stretta di Lydia, dato che al contrario di lei poteva farne a meno
  • «Cosa? Avresti chiesto qualcosa? E cosa speravi ti rispondesse? »
  • «non lo so... qualcosa... se sapevo la risposta non facevo la domanda! Dai... fai il disegno, quando torno lo voglio vedere!» disse il bambino scendendo dal letto per andare a raggiungere il babbo.
  • «Aspetta! Chiedo a Mamma se posso venire con voi... anche io ho voglia di andare in campagna! E ho voglia di vedere nonna Isabella!»   

sabato 25 dicembre 2010

Il Gioco (nda: Buon natale a tutti!)


Una volta in macchina la guida di Virginia divenne molto più cauta e tranquilla. Nelle code per i semafori non suonava il clacson se l'auto davanti a lei non sfrecciava via allo scattare del verde, mentre le auto dietro di lei dovettero più volte ricordarle di non essere ancora arrivata a destinazione. Giunti a casa Lydia e Teo scesero scattanti giù dall'auto per aprire il cancello e far entrare l'auto nel vialetto, e lasciando a Virginia il compito di richiuderlo scapparono dentro casa dove l'odore del pranzo colpiva le loro narici ricordandogli quanta fame avessero.

In casa Lanotte niedda non c'era una cosa che mettesse più in disaccordo i suoi inquilini come scegliere cosa mettere a tavola. Tutti loro avevano gusti estremamente diversi.
Ad esempio, per quanto Teo adorasse le carote non sopportava di sentirne il sapore nel sugo al ragù, al contrario Lydia che adorava il sugo al Ragù non era capace di mangiare verdure senza fare qualche palese espressione di disgusto. Virginia e Luigi invece, gli adulti, mangiavano tutto ciò che veniva messo in tavola ma entrambi trovavano discutibile la cucina dell'altro e avendo l'abitudine, che l'etichetta definisce pessima, di essere estremamente sinceri l'uno con l'altra spesso l'ora di pranzo diventava motivo di leggeri malumori. Erano solamente quattro i piatti che potevano mettere d'accordo tutti gli abitanti di via dell'arco Romano 87, uno di quelli era la pasta all'amatriciana di Luigi. Per prepararla a Regola d'arte era necessario che Luigi tagliasse i pelati ed eliminasse personalmente ogni seme, il soffritto andava preparato con il guanciale e non con la pancetta come si fa quando si ha molta fretta e poca voglia di perder tempo a tagliar via cotica e fare i cubetti. Inoltre a suo dire non andava usato ne peperoncino ne altre spezie se non il pepe del guanciale eppure, anche se nessuno ammetteva di avere la bocca così delicata, quella pasta pizzicava sempre un po', ma non dava mai fastidio anzi, spesso aumentava l'appetito dei commensali.

I Bambini non vedevano l'ora di mettersi a tavola così buttarono gli zainetti nel soggiorno, mentre passavano davanti alla porta per andare in bagno a lavarsi le mani.
  • «Poi rimetteteli in stanza! Non voglio disordine! »-
Urlò Virginia mentre entrava in casa poggiando le chiavi dell'auto sopra il mobiletto dell'ingresso, precisamente affianco al piattino per le chiavi.

  • «Come è andata la giornata? Sei riuscita a calmarti poi? » le chiese Luigi affacciandosi sull'ingresso dalla porta della cucina indossando un bel grembiule rosso con su la scritta “baciami, sono il cuoco” in grosse lettere bianche.
  • «Solo quando li ho avuti con me, e più che calmarmi ho cercato di non far preoccupare loro... Ogni santa volta gigi, Ogni santa volta! C'è sempre una qualche piuma nera... » rispose Virginia mentre gli stampava un bacio sulla guancia, un po come saluto, un po' perché aveva imparato a rispettare gli ordini scritti su un grembiule.
  • «È solo un caso, ti ho già detto tempo fa che Camilla ha costruito chissà quanti acchiappasogni con le piume nere... »
  • «E se fossero state sfortunate o cose così non pensi le avrebbe usate... ricordo...Forse lei le usava perché non portassero sfortuna! Per esorcizzare qualcosa... »
  • «Stai dando della strega a mia moglie? »
  • «Glielo dicevo in faccia più volte al giorno se ben ricordi... »
  • «Gia... ma continuo a credere che siano cavolate le tue... rilassati... i bambini stanno bene, noi stiamo bene, e... » in quel momento i bambini entrarono in cucina dirigendosi verso i cassetti delle tovaglie e delle stoviglie « una volta riempite le pance staremo molto meglio! Su su... ancora 3 minuti e sarà tutto pronto! Ehi voi due... il grembiule rosso! » I bambini lasciarono i cassetti e presa una guancia a testa baciarono Luigi che si era chinato ad un'altezza accettabile per Lydia ma che richiedeva a Teo di mettersi sulle punte dei piedi.

Virginia Rimase in silenzio mentre aiutava i bambini a sistemare la tavola, aprendo la bocca giusto per riprendere Lydia che invertiva l'ordine di forchetta e coltello al piatto di luigi. Una volta che, pasta nei piatti, il cuoco augurò un buon appetito a tutti per alcuni minuti non si udì nient'altro che forchette sbattere sui piatti, raschiare ogni tanto sui denti di uno dei bambini e mascelle che lavoravano felici sino al momento in cui a turno ognuno dichiarò di voler fare il Bis.

Finita la pasta Virginia si alzò per preparare il caffè per lei e Luigi mentre L'uomo chiese hai bambini come fosse andato il primo giorno di scuola, sentendosi raccontare di Alessandro, della sua mamma altissima e del piccolo errore di pronuncia che fece ridere la classe.
  • «Non è stato molto carino però... alcuni non la smettevano più di ridere!» Sentenziò Teo
  • «Già, ma è stato divertente... sembrava volesse dire che era morto o quasi! » rispose Lydia
  • «Già, ma non per lui...»
  • «Già, ma quando una cosa fa ridere Ridi! »
  • «Già, ma io non ho riso! »
  • «Già!Già!Già!Già! È già ora di smetterla secondo me... » Disse Luigi mettendo un freno a quella piccola discussione « non puoi fare una colpa a Lydia perché ha riso... sicuramente se avesse pensato di fare un torto a quel bambino non l'avrebbe fatto... si chiama Alessandro giusto? Non sembra un nome tedesco... »
  • «Il padre è italiano, anche il cognome è italiano, Si chiama Armato » disse Teo per rispondere al dubbio del padre.
  • «Chiaro! Ok, adesso mentre noi ci prendiamo il caffè, voi potete andare a giocare! Tanto non penso abbiate compiti... giusto? »
  • «Maestra Maria vuole controllare i quaderni delle vacanze domani, così se qualcuno non li ha finiti può farlo oggi... ma chi li ha finiti è libero! Come noi. » Rispose Lydia e scendendo dalla sedia prese Il piatto e forchetta e li portò al lavandino come Teo aveva fatto mentre lei parlava.
  • «Aspettate! Non volete un po di frutta? » Disse Virginia mentre si apprestava a versare il primo goccio di caffè uscito dalla moca in un bicchiere con dello zucchero così da preparare un po di crema per i caffè ed eliminare la parte più forte.
I Bambini non risposero, Lydia fece appena un cenno del capo mentre Teo prese una banana e se la portò via per mangiarla più avanti.

I due bambini salirono al piano superiore, riportando gli zaini dal soggiorno alle loro stanze. La stanza di Teo dava l'impressione di essere molto più spaziosa di quella di Lydia, per quanto in realtà fosse leggermente più piccola. Ma a lui piaceva così. Non sembrava esserci il letto, ma in realtà era solamente posizionato sopra un armadio a ponte, sotto il quale c'era il guardaroba e una piccola scrivania.
Alle pareti vi erano i poster di alcuni personaggi dei cartoni animati e varie mensole con modellini di aeroplani e automobiline costruiti da lui con i lego o regalati dopo un'esplicita richiesta a babbo natale, suo padre non credeva che fossero i giochi adatti ad un bambino quelli che non potevano essere toccati. Ma, per certi versi, i giochi preferiti di Teo erano giochi che non solo non potevano essere toccati, ma nemmeno visti, ascoltati, odorati e quantomeno gustati. I giochi di Teo si potevano solamente giocare.

Quando Lydia entrò nella stanza trovò Teo con il braccio teso dietro l'armadio nel tentativo di recuperare un elemento fondamentale del loro gioco. Il quaderno segreto.
Una volta recuperato i due si arrampicarono sul letto di Teo attraverso la scala messa sul lato del mobile, e una volta seduti sul letto una di fronte all'altro Lydia prese la parola:
  • «Allora? Inizi tu? Cosa hai sognato stanotte? »
  • «Non puoi mica chiedermelo così! Dovevamo fare quell'altra cosa prima no? » Disse Teo sconsolato nel apprendere che l'amica aveva più fretta di quanta ne fosse necessaria per giocare come si doveva.
  • «Ahi Ragione... ma facciamolo assieme... non sono sicura di ricordarlo bene, dopo solo una volta. »
  • «Ok, è per quello l'avevo scritto » la rassicurò Teo aprendo il quaderno e mostrandole ciò che aveva scritto a grandi lettere nella copertina. Così, in coro si chiesero:
  • «A dispetto del Grande corvo, racconta al/alla tuo/a sorella/fratello che mondo hai visto quando credevi di sognare... »
  • «Ok Lily! Inizia tu! »


domenica 5 dicembre 2010

Ritorno a casa.



Le pareti delle case sfrecciavano scolorite al passaggio di Virginia, l'erba che pestava era tagliente, la strada fredda e sporca eppure lei non si fermò per calzare le scarpe se non davanti ad un semaforo rosso, usato come appoggio il tempo necessario a completare l'operazione di rivestimento. Probabilmente il verde non si era ancora riacceso, ma quando la fretta vince la pazienza, i colori dei semafori sono vezzi superflui; la corsa di Virginia non si arrestò nuovamente se non per cercare le chiavi nella borsetta, e una volta inserite nel quadro fu sufficiente l'attimo richiesto per girarle per uscire dal parcheggio e dirigersi verso la scuola. Nel silenzio dell'auto i pensieri si affollavano, e il motore troppo delicato forniva un sottofondo bianco alle sue peggiori fantasie e memorie mentre immagini scolorite sostituivano i veicoli e i palazzi che superava più velocemente che poteva. Piume nere cadevano dagli alberi al posto delle foglie, e i loro rami umidi non erano mai sembrati così rossi. Chiamò Luigi con il viva-voce mentre una di quelle immagini prendeva la forma del suo viso in una tragica sera di otto anni prima.
«...Pronto?» fa lui con la voce stanca dall'altra parte della linea
«Pronto Gigi? Sono io... ti ho disturbato?» La sua voce è leggermente più alta di quanto vorrebbe ma nonostante ciò non si ferma a respirare propriamente.
«...no... cioè, stavo dormendo un po'...ma contavo di svegliarmi a breve per l'arrivo dei bambini...»
«Ok! Quindi tutto bene giusto? »
«certo! Che succede?» e nella domanda di lui era possibile sentirvi una leggera ansia da contagio, ma che spari in fretta al sentire il profondo respiro di Virginia alla cornetta poco prima che rispondesse:
«Niente, spero... ho trovato una piuma nera mentre...»
«Virginia non ricominciare!» la pregò Luigi con la voce di chi ripone le armi davanti ad uno spietato nemico
«Ero a piedi nudi! L'ho pestata!» disse lei, come se quello fosse una prova incontestabile, in nome del quale tutto era giustificato.
«Non importa! Poteva anche volarti dal cielo dentro un orecchio... non vuol dire niente! » sperando che con lo scherzo potesse vedere sotto un'altra ottica la sua affermazione
«Non dirlo! Quando non si crede è peggio! » Rispose lei rimpiangendo il fatto di essersi preoccupata anche per Luigi, il quale, non gli rimase che una via per toglierli di testa il pensiero di quel falso presagio.
«sento al telefono che sei in auto e stai correndo! Non credi che sia molto più pericoloso di qualunque cosa i bambini a scuola o io sul divano stiamo affrontando in questo momento?» Lui doveva attaccarla!
La donna rallentò, ricominciò a rendersi conto che i palazzi avevano i loro colori, gli alberi avevano il tronco marrone, e il loro fogliame non era certo nero.
« Ti ho detto mille volte di non dormire sul divano! Poi hai male alla schiena...»
«Forse la piuma voleva avvertiti del mio mal di schiena allora...» e persino al telefono era chiaro che Luigi stesse ridendo del suo successo.
«ok, ma vado comunque a scuola a controllare che stiano bene... tanto non ho altro da fare...» disse lei, trattenendosi sia dal ringraziarlo per averle levato un po d'ansia dalle spalle, sia dal chiamarlo farabutto come voleva il suo primo istinto.
«va bene, vai piano... cosa vuoi per pranzo? »
« un po di pasta al sugo, ma niente ragù...o carne in genere...puoi inventarti qualcosa?»
«credo di si, ci vediamo più tardi! Prendi dei respiri profondi se non li vedi uscire per primi...»
«ah ah ah... simpatico... a dopo! »
«ciao, a dopo!» Disse lui, chiudendo la telefonata e cominciando a stiracchiare braccia e gambe per riprendersi dal torpore in cui il sonno e il comodissimo divano l'avevano costretto.
Ancora non aveva riposto tutta la spesa al suo posto, dopo aver rimosso i prodotti destinati al frigo si era concesso di riposare qualche oretta, e benché contasse di svegliarsi leggermente più tardi, quel tempo in più tornava utile per preparare la ricetta che aveva in mente di usare per celebrare il ritorno a scuola e l'ultimo giorno come agente immobiliare di Virginia.
La sua amica voleva un po di sugo, ma Lydia non sempre lo gradiva, al contrario dei frutti di mare di cui andava pazza. Per concludere, Teo prediligeva pasta a pranzo, in particolare spaghetti.
I suoi gusti venivano in secondo piano, avrebbe mangiato qualunque cosa rendesse felice il resto della famiglia. Così ritirò dal frigo le vongole che aveva preso al mercato ittico quella mattina e le rovesciò nel lavandino per dargli una bella lavata prima di cominciare a cuocerle. Buttate poi in un pentolino con un po' d'olio, aglio e prezzemolo aspettò che il fornello facesse il suo lavoro sbucciando un po di pomodorini messi poco prima a sbollentare in acqua calda. Di solito avrebbe usato del semplice concentrato per dare alle vongole un po di colore, ma un sugo di pomodorini freschi sarebbe venuto meglio in contro alla richiesta di Virginia. Una volta sbucciati, bastava cospargerli di sale e schiacciarli su un tagliere dopo averli tagliati a metà, così da disperdere l'acqua in eccesso in essi contenuta. Mentre i pomodori riposavano sul tagliere leggermente inclinato sul bordo del lavandino, le vongole si erano aperte completamente al caldo dell'olio e il loro profumo invadeva la cucina. Sarebbe bastato aggiungere i pomodori e continuare a cuocere a fuoco basso, ma sapeva che lasciare liberi due bambini di infilare le dita nel proprio piatto con la scusa di mangiare le vongole sarebbe stato un'imprudenza da papà alle prime armi. Tolto quindi il pentolino dal fornello con un cucchiaino cominciò a sgusciare le vongole una ad una, buttando quasi tutte le conchiglie in un sacchetto. Ributtando poi i molluschi nel pentolino con l'aggiunta dei pomodorini bastava lasciare cuocere fino a quando la polpa degli ortaggi non si sarebbe sfaldata almeno in parte colorando completamente il condimento. Mentre osservava il sugo ribollire sul fornello la mente di Luigi vagò nei giorni in cui insegnava a Teo e Lydia come trovarle al mare, e come distinguerle dalle arselle che era facile trovare sul bagnasciuga con un po di attenzione e pazienza.
Era veramente felice di aver accettato la proposta di Virginia di vivere tutti assieme in quella casa, in barba al mal pensare che viene facile quando chi vive scendendo a patti con la propria coscienza, come purtroppo capita spesso in Italia, guarda da fuori una situazione che non riesce a comprendere, non per la sua complessità quanto per la sua mancanza di corruzione.
In quel sugo che ribolliva sentiva le risate di quelle persone che attraverso un patto non scritto ormai poteva chiamare famiglia.

[...]A distogliere Luigi dai suoi pensieri fu lo sguardo fugace lanciato fuori dalla finestra della cucina, verso l'albero sopra il quale tre nuvole si allineavano parallele tra loro, come un graffio bianco in mezzo al cielo. Un'immagine che dava ragione a Virginia, ma non nel senso tragico che voleva leggervi lei.
Quando troviamo qualcosa al di la delle nostre capacità di comprensione, chi non è curioso si preoccupa, per entrambi i casi chi ha fantasia cerca di darsi una spiegazione e chi non ne ha riflette su ciò che può osservare e capire. Quasi sempre si commettono dei grossi errori qualunque cosa si faccia. Per sua fortuna Luigi possedeva quella mente che, chi non riesce a definirla semplice, la definisce saggia; quando si trova qualcosa che non poteva capire, una mente semplice lo accetta, e se una spiegazione fosse necessaria, non restava che aspettare che arrivi da se, preoccuparsi non sarebbe servito a niente, ne cercare una spiegazione prima che questa fosse necessaria. L'unica cosa necessaria in quel momento era osservare il sugo, mettere a bollire l'acqua, e attendere l'arrivo dei suoi cari.[...]

L'ultima ora di lezione del primo giorno di scuola non è mai lunga come quelle che sarebbero venute nei mesi a seguire, anzi, per chi sta completando il disegno di ciò che si è fatto durante le vacanze può essere anche troppo corta. Per Alessandro ad esempio, che per tutta la giornata aveva dovuto lottare con l'imbarazzo di parlare una lingua usata solo con i suoi nonni prima di quel giorno, la campanella squillò prima di aver completato la colorazione, lasciando la sua opera incompleta e priva della possibilità di dargli quell'attimo di rivalsa di cui aveva bisogno, quantomeno sentiva di volere, per esprimere qualcosa che la sua pronuncia impacciata credeva gli avesse tolto. Solo Teodoro, seduto al suo fianco poté sbalordirsi dell'abilità nel disegno dimostrata da Alessandro, persino la Maestra Maria non avrebbe saputo fare un orso tanto realistico quanto quello sul foglio del compagno di banco.
«Ma sei bravissimo! Chi ti ha insegnato? »
«Nessuno..»Rispose timidamente Alessandro «..forse hè che dissegno molto...» aggiunse, in un tentativo scialbo di giustificarsi
«io credo di disegnare molto, ma i miei alberi continuano ad assomigliare a palloncini...»
«Ma le tue nufole sono belle! Tofresti proffare di fare l'albero meno tritto nella parte marrone e quella ferde a forma di nufole... »
«Dai... » disse con un sorriso Teo «voglio provarci! Grazie...»
A sorriso, Alessandro rispose con sorriso. Quel giorno di scuola aveva insegnato molte cose, anche se queste non rientravano propriamente nel programma di studi.
Suonata la campanella, era il momento di tornare a casa. Solita procedura, i bambini in fila con i compagni di banco aspettando il via della maestra per varcare la soglia della classe. Fare il percorso a ritroso verso il portone d'ingresso era un'esperienza molto più appagante, non solo perché si lasciavano alle spalle le noie delle lezioni, ma perché si andava incontro al sole, che dopo mezzogiorno, lanciava i suoi raggi diritti verso il portone inondando il corridoio di calda luce.


Arrivati al cortile una folla cianciante di mamme fissava il portone cercando di scorgere il proprio figlio o figlia nella fila, che si sfaldava non appena le coppie mettevano un piede fuori dal portone. Tra le mamme Virginia sembrava essere la più ansiosa, e quando Teodoro congedatosi da Alessandro che in fretta era corso incontro ai genitori, lei lo abbracciò con più vigore del normale lasciando il piccolo in lieve imbarazzo
«Zia! Dai...» disse cercando di divincolarsi, ma lei lo lasciò solo per stritolare Lydia che uscendo tra gli ultimi aveva regalato alla madre qualche secondo di paranoia extra.
Anche la bambina rimase stupita da quella dose abbondante di affetto, ma anziché lamentarsene la ricambiò al meglio delle sue forze.
«uuh! Stiamo diventando forti eh?» disse Virginia «come è andato il primo giorno raggi di sole?»
«Benissimo!» disse Teo
«Bene!» aggiunse Virginia «C'è un bambino nuovo quest'anno... guarda... quello vicino alla signora alta! È in banco con Teo»
Virginia osservò la signora, decisamente impressionata dalla sua altezza. Si aspettava un cambiamento, un qualcosa che sarebbe successo ai suoi bambini, e ogni cosa poteva essere un indizio:
«oh...» commentò « andiamo a salutarli?» chiese ai due che le davano la mano, i quali annuirono senza esitazione.
Ma nel tempo necessario per raggiungerli, Ale e sua madre erano già usciti fuori dal cancello mentre la folla di bambini e genitori ostacolava il passaggio di Virginia e prole che, con diversi livelli di dispiacere, dovettero rimandare le presentazioni ufficiali.