Le pareti delle case sfrecciavano
scolorite al passaggio di Virginia, l'erba che pestava era tagliente,
la strada fredda e sporca eppure lei non si fermò per calzare le
scarpe se non davanti ad un semaforo rosso, usato come appoggio il
tempo necessario a completare l'operazione di rivestimento.
Probabilmente il verde non si era ancora riacceso, ma quando la
fretta vince la pazienza, i colori dei semafori sono vezzi superflui;
la corsa di Virginia non si arrestò nuovamente se non per cercare le
chiavi nella borsetta, e una volta inserite nel quadro fu sufficiente
l'attimo richiesto per girarle per uscire dal parcheggio e dirigersi
verso la scuola. Nel silenzio dell'auto i pensieri si affollavano, e
il motore troppo delicato forniva un sottofondo bianco alle sue
peggiori fantasie e memorie mentre immagini scolorite sostituivano i
veicoli e i palazzi che superava più velocemente che poteva. Piume
nere cadevano dagli alberi al posto delle foglie, e i loro rami umidi
non erano mai sembrati così rossi. Chiamò Luigi con il viva-voce
mentre una di quelle immagini prendeva la forma del suo viso in una
tragica sera di otto anni prima.
«...Pronto?» fa lui con la voce
stanca dall'altra parte della linea
«Pronto Gigi? Sono io... ti ho
disturbato?» La sua voce è leggermente più alta di quanto vorrebbe
ma nonostante ciò non si ferma a respirare propriamente.
«...no... cioè, stavo dormendo un
po'...ma contavo di svegliarmi a breve per l'arrivo dei bambini...»
«Ok! Quindi tutto bene giusto? »
«certo! Che succede?» e nella domanda
di lui era possibile sentirvi una leggera ansia da contagio, ma che
spari in fretta al sentire il profondo respiro di Virginia alla
cornetta poco prima che rispondesse:
«Niente, spero... ho trovato una piuma
nera mentre...»
«Virginia non ricominciare!» la pregò
Luigi con la voce di chi ripone le armi davanti ad uno spietato
nemico
«Ero a piedi nudi! L'ho pestata!»
disse lei, come se quello fosse una prova incontestabile, in nome del
quale tutto era giustificato.
«Non importa! Poteva anche volarti dal
cielo dentro un orecchio... non vuol dire niente! » sperando che con
lo scherzo potesse vedere sotto un'altra ottica la sua affermazione
«Non dirlo! Quando non si crede è
peggio! » Rispose lei rimpiangendo il fatto di essersi preoccupata
anche per Luigi, il quale, non gli rimase che una via per toglierli
di testa il pensiero di quel falso presagio.
«sento al telefono che sei in auto e
stai correndo! Non credi che sia molto più pericoloso di qualunque
cosa i bambini a scuola o io sul divano stiamo affrontando in questo
momento?» Lui doveva attaccarla!
La donna rallentò, ricominciò a
rendersi conto che i palazzi avevano i loro colori, gli alberi
avevano il tronco marrone, e il loro fogliame non era certo nero.
« Ti ho detto mille volte di non
dormire sul divano! Poi hai male alla schiena...»
«Forse la piuma voleva avvertiti del
mio mal di schiena allora...» e persino al telefono era chiaro che
Luigi stesse ridendo del suo successo.
«ok, ma vado comunque a scuola a
controllare che stiano bene... tanto non ho altro da fare...» disse
lei, trattenendosi sia dal ringraziarlo per averle levato un po
d'ansia dalle spalle, sia dal chiamarlo farabutto come voleva il suo
primo istinto.
«va bene, vai piano... cosa vuoi per
pranzo? »
« un po di pasta al sugo, ma niente
ragù...o carne in genere...puoi inventarti qualcosa?»
«credo di si, ci vediamo più tardi!
Prendi dei respiri profondi se non li vedi uscire per primi...»
«ah ah ah... simpatico... a dopo! »
«ciao, a dopo!» Disse lui, chiudendo
la telefonata e cominciando a stiracchiare braccia e gambe per
riprendersi dal torpore in cui il sonno e il comodissimo divano
l'avevano costretto.
Ancora non aveva riposto tutta la spesa
al suo posto, dopo aver rimosso i prodotti destinati al frigo si era
concesso di riposare qualche oretta, e benché contasse di svegliarsi
leggermente più tardi, quel tempo in più tornava utile per
preparare la ricetta che aveva in mente di usare per celebrare il
ritorno a scuola e l'ultimo giorno come agente immobiliare di
Virginia.
La sua amica voleva un po di sugo, ma
Lydia non sempre lo gradiva, al contrario dei frutti di mare di cui
andava pazza. Per concludere, Teo prediligeva pasta a pranzo, in
particolare spaghetti.
I suoi gusti venivano in secondo piano,
avrebbe mangiato qualunque cosa rendesse felice il resto della
famiglia. Così ritirò dal frigo le vongole che aveva preso al
mercato ittico quella mattina e le rovesciò nel lavandino per dargli
una bella lavata prima di cominciare a cuocerle. Buttate poi in un
pentolino con un po' d'olio, aglio e prezzemolo aspettò che il
fornello facesse il suo lavoro sbucciando un po di pomodorini messi
poco prima a sbollentare in acqua calda. Di solito avrebbe usato del
semplice concentrato per dare alle vongole un po di colore, ma un
sugo di pomodorini freschi sarebbe venuto meglio in contro alla
richiesta di Virginia. Una volta sbucciati, bastava cospargerli di
sale e schiacciarli su un tagliere dopo averli tagliati a metà, così
da disperdere l'acqua in eccesso in essi contenuta. Mentre i pomodori
riposavano sul tagliere leggermente inclinato sul bordo del
lavandino, le vongole si erano aperte completamente al caldo
dell'olio e il loro profumo invadeva la cucina. Sarebbe bastato
aggiungere i pomodori e continuare a cuocere a fuoco basso, ma sapeva
che lasciare liberi due bambini di infilare le dita nel proprio
piatto con la scusa di mangiare le vongole sarebbe stato
un'imprudenza da papà alle prime armi. Tolto quindi il pentolino dal
fornello con un cucchiaino cominciò a sgusciare le vongole una ad
una, buttando quasi tutte le conchiglie in un sacchetto. Ributtando
poi i molluschi nel pentolino con l'aggiunta dei pomodorini bastava
lasciare cuocere fino a quando la polpa degli ortaggi non si sarebbe
sfaldata almeno in parte colorando completamente il condimento.
Mentre osservava il sugo ribollire sul fornello la mente di Luigi
vagò nei giorni in cui insegnava a Teo e Lydia come trovarle al
mare, e come distinguerle dalle arselle che era facile trovare sul
bagnasciuga con un po di attenzione e pazienza.
Era veramente felice di aver accettato
la proposta di Virginia di vivere tutti assieme in quella casa, in
barba al mal pensare che viene facile quando chi vive scendendo a
patti con la propria coscienza, come purtroppo capita spesso in
Italia, guarda da fuori una situazione che non riesce a comprendere,
non per la sua complessità quanto per la sua mancanza di corruzione.
In quel sugo che ribolliva sentiva le
risate di quelle persone che attraverso un patto non scritto ormai
poteva chiamare famiglia.
[...]A distogliere Luigi dai suoi pensieri
fu lo sguardo fugace lanciato fuori dalla finestra della cucina,
verso l'albero sopra il quale tre nuvole si allineavano parallele tra
loro, come un graffio bianco in mezzo al cielo. Un'immagine che dava
ragione a Virginia, ma non nel senso tragico che voleva leggervi lei.
Quando troviamo qualcosa al di la delle
nostre capacità di comprensione, chi non è curioso si preoccupa,
per entrambi i casi chi ha fantasia cerca di darsi una spiegazione e
chi non ne ha riflette su ciò che può osservare e capire. Quasi
sempre si commettono dei grossi errori qualunque cosa si faccia. Per
sua fortuna Luigi possedeva quella mente che, chi non riesce a
definirla semplice, la definisce saggia; quando si trova qualcosa che
non poteva capire, una mente semplice lo accetta, e se una
spiegazione fosse necessaria, non restava che aspettare che arrivi da
se, preoccuparsi non sarebbe servito a niente, ne cercare una
spiegazione prima che questa fosse necessaria. L'unica cosa
necessaria in quel momento era osservare il sugo, mettere a bollire
l'acqua, e attendere l'arrivo dei suoi cari.[...]
L'ultima ora di lezione del primo
giorno di scuola non è mai lunga come quelle che sarebbero venute
nei mesi a seguire, anzi, per chi sta completando il disegno di ciò
che si è fatto durante le vacanze può essere anche troppo corta.
Per Alessandro ad esempio, che per tutta la giornata aveva dovuto
lottare con l'imbarazzo di parlare una lingua usata solo con i suoi
nonni prima di quel giorno, la campanella squillò prima di aver
completato la colorazione, lasciando la sua opera incompleta e priva
della possibilità di dargli quell'attimo di rivalsa di cui aveva
bisogno, quantomeno sentiva di volere, per esprimere qualcosa che la
sua pronuncia impacciata credeva gli avesse tolto. Solo Teodoro,
seduto al suo fianco poté sbalordirsi dell'abilità nel disegno
dimostrata da Alessandro, persino la Maestra Maria non avrebbe saputo
fare un orso tanto realistico quanto quello sul foglio del compagno
di banco.
«Ma sei bravissimo! Chi ti ha
insegnato? »
«Nessuno..»Rispose timidamente
Alessandro «..forse hè che dissegno molto...» aggiunse, in un
tentativo scialbo di giustificarsi
«io credo di disegnare molto, ma i
miei alberi continuano ad assomigliare a palloncini...»
«Ma le tue nufole sono belle! Tofresti
proffare di fare l'albero meno tritto nella parte marrone e quella
ferde a forma di nufole... »
«Dai... » disse con un sorriso Teo
«voglio provarci! Grazie...»
A sorriso, Alessandro rispose con
sorriso. Quel giorno di scuola aveva insegnato molte cose, anche se
queste non rientravano propriamente nel programma di studi.
Suonata la campanella, era il momento
di tornare a casa. Solita procedura, i bambini in fila con i compagni
di banco aspettando il via della maestra per varcare la soglia della
classe. Fare il percorso a ritroso verso il portone d'ingresso era
un'esperienza molto più appagante, non solo perché si lasciavano
alle spalle le noie delle lezioni, ma perché si andava incontro al
sole, che dopo mezzogiorno, lanciava i suoi raggi diritti verso il
portone inondando il corridoio di calda luce.
Arrivati al cortile una folla
cianciante di mamme fissava il portone cercando di scorgere il
proprio figlio o figlia nella fila, che si sfaldava non appena le
coppie mettevano un piede fuori dal portone. Tra le mamme Virginia
sembrava essere la più ansiosa, e quando Teodoro congedatosi da
Alessandro che in fretta era corso incontro ai genitori, lei lo
abbracciò con più vigore del normale lasciando il piccolo in lieve
imbarazzo
«Zia! Dai...» disse cercando di
divincolarsi, ma lei lo lasciò solo per stritolare Lydia che uscendo
tra gli ultimi aveva regalato alla madre qualche secondo di paranoia
extra.
Anche la bambina rimase stupita da
quella dose abbondante di affetto, ma anziché lamentarsene la
ricambiò al meglio delle sue forze.
«uuh! Stiamo diventando forti eh?»
disse Virginia «come è andato il primo giorno raggi di sole?»
«Benissimo!» disse Teo
«Bene!» aggiunse Virginia «C'è un
bambino nuovo quest'anno... guarda... quello vicino alla signora
alta! È in banco con Teo»
Virginia osservò la signora,
decisamente impressionata dalla sua altezza. Si aspettava un
cambiamento, un qualcosa che sarebbe successo ai suoi bambini, e ogni
cosa poteva essere un indizio:
«oh...» commentò « andiamo a
salutarli?» chiese ai due che le davano la mano, i quali annuirono
senza esitazione.
Ma nel tempo necessario per
raggiungerli, Ale e sua madre erano già usciti fuori dal cancello
mentre la folla di bambini e genitori ostacolava il passaggio di
Virginia e prole che, con diversi livelli di dispiacere, dovettero
rimandare le presentazioni ufficiali.