giovedì 5 maggio 2011

La voce di Lydia

Dapprima vi era solo silenzio. Poi la testa di Lydia fu mossa con delicatezza, sospinta da una sinfonia, una musica liquida che la colpiva e le passava attraverso, onda dopo onda; Credette di essere al mare, coricata sul bagnasciuga in balia delle onde che si infrangevano sulla riva e su di lei, accarezzando tutto come un fa il pianista su ebano e avorio. Poteva sentire il sole caldo colpirle il viso e un vento leggero soffiarle addosso un profumo di more. La melodia divenne prorompente in un istante, poi solo silenzio.
La bambina si svegliò di soprassalto.
Era solo un sogno, per un attimo aveva creduto di essere al mare. Invece era in camera sua, e anche se era buio e un lenzuolo le copriva il volto riusciva a vedere attraverso di esso le forme della sua cameretta.
Doveva tornare a dormire se voleva sognare la stanza. Poggiò di nuovo la testa sul cuscino, ma il lenzuolo le era caduto dietro la testa e coricandocisi sopra stava scomoda. Provò a toglierselo di dosso sollevando le braccia sopra la testa, afferrando il tessuto con le mani e tirando, ma l'impresa era più difficile del previsto. Aveva come l'impressione di essere aggrovigliata in una ragnatela. Il suo respiro diventò più affannoso e sebbene avvolta saldamente nel tessuto, poteva continuare ad agitarsi ancora. Più lo faceva più il lenzuolo si stringeva a lei. 
Aprì gli occhi e le ombre della stanza che prima vedeva attraverso il lenzuolo si stavano piegando e deformando; guardare attraverso il tessuto del lenzuolo era come guardare attraverso una lente deformante che cambiava la forma delle ombre e della luce filtrata dalla finestra, che sebbene si trovasse al fianco del letto di Lydia, le illuminava il volto prima da davanti e poi da sopra la sua testa. Quando finalmente si tolse dal viso il lenzuolo, strappando e scucendo il tessuto che la opprimeva, fu come uscire da un dipinto. Quello che il lenzuolo le faceva vedere non era altro che un la trama del tessuto, dietro di esso una stanza molto diversa da quella dove si era addormentata la circondava con il suo buio.
  • «C'è qualcuno?» Urlò
Ma solo un leggero eco le restituì la risposta da Lydia segretamente temuta.
  • «“no... no... no...”»
Prese il lenzuolo, ma si accorse che questo si stava fondendo al pavimento e che il cuscino era già sparito. Tirò con forza, ma il cotone stava diventando pesante come marmo e lei da sola non riusciva a reggerne la caduta.
  • «Dai!! stanotte voglio restare!! fermati!»
Il lenzuolo cadde al suolo colpendolo come uno schiaffo. La luce si spense e un fulmine colpì il centro della stanza invadendola per un istante con la sua luce prima di restituirla al buio.
A Lydia bruciarono gli occhi, vedeva dei bagliori verdi, gialli e rossi che le pulsavano davanti, come quando le era capitato di schiacciarsi con forza gli occhi chiusi dentro le orbite. I bagliori andarono schiarendosi sempre di più fino a quando da rossi divennero rosa e poi continuando a schiarirsi non si ridussero ad altro che ad una piccola luce bianca, debole, soffice: un minuscolo fuoco, candido come un fiocco di neve, ma vivo e pulsante come fosse al centro di una prateria sferzata dal vento.
Quella palla di fiamme bianche era l'unica cosa brillante rimasta nella stanza ormai completamente buia, la bambina le si avvicinò con la prudenza di chi sa di camminare sul ciglio di un altissimo burrone: senza lasciarsi vincere ne dalla paura ne dall'eccessiva fiducia nei propri piedi.
Come Lydia iniziò a desiderare un po' di luce, al di sotto del fuoco una linea bianca tagliò in due la stanza, da essa nacquero altre linee, perpendicolari alla prima e distanti una ventina di centimetri l'una dall'altra. Le linee erano estremamente luminose e mentre si allontanarono dalla loro origine, emettevano un suono. Lydia le guardava a bocca aperta, ma non ci prestava molta attenzione. Il piccolo fuoco bianco al centro della stanza era molto più attraente ai suoi occhi; le linee iniziarono a formare delle greca sul pavimento, ognuna cresceva in modo indipendente ma rispettavano le distanze e le misure, ma soprattutto il ritmo.
La musica che nasceva dal pavimento aveva qualcosa di familiare, eppure Lydia sapeva di non averla mai sentita prima. Ormai era chiaro che non era sveglia, ma quello non era un sogno, e il fuoco che bruciava bianco al centro della stanza non era una semplice immagine nata dalla sua mente. Lei bruciava assieme al fuoco e le linee che venivano tracciate sul pavimento le sentiva rigarle la schiena come se disegnate con il dito di una mano, ma dall'interno di se stessa. Non sarebbe mai riuscita a spiegarlo, ma sapeva che, come quella musica non l'avrebbe mai dimenticato e un giorno sarebbe riuscita ad esprimerlo a parole.
Il fuoco Bianco poi esplose e la stanza non fu mai più buia. Le greche disegnate sul pavimento da bianche divennero rosso vivo, come se dentro di esse scorresse lava bollente. Lydia era senza parole, ma non per sua scelta. Provò più volte a gridare un'esclamazione di stupore ma dalla sua bocca non uscia altro che la melodia che aveva fino a quel momento sentito.
In ultimo cadde il silenzio. Poi Lydia udì dei suoni diventare parole davanti a lei.
  • «Ciao Lydia, sono Labris...»
  • «che bel nome...»e subito le sue mani coprirono la lingua, non voleva parlare, aveva solo pensato «cosa sei?»
  • «Grazie. Non sai cosa sono?» e il fuoco lanciò qualche bianca scintilla verso il soffitto, spaventando Lydia. Ignara fino a quell'istante di essere sotto un gigantesco specchio.
  • «No, e dove sono? Non stavo sognando?»
  • «una cosa per volta Lydia»
  • «Sai il mio nome?»
  • «Si, tu sapevi il mio dopotutto...»
  • «No, non è vero...tu mi hai detto come ti chiamavi»
  • «Forse non hai ascoltato bene...»
In quel momento Lydia capì che fu sempre stata la sua voce a parlargli.

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