sabato 7 maggio 2011

Desideri, Gabbiani e Risate

  • «ma tu parli con la mia voce?»
Lydia riprese a dialogare con il fuoco, incerta sul suono della sua voce, ma sicura che quella fluttuante palla bianca volesse far intenderle quello
  • «Scusami, ma è l'unica che conosco...» Ogni parola delle fiamme faceva tremre le lingue di fuoco che la componevano
  • «non scusarti, è strano ma va bene...» le rispose Lydia intenerita dal tono in cui le fiamme le chiesero scusa, avrebbe voluto fare un'altra domanda ma la sua voce riprese a parlarle senza usare la sua bocca.
  • «Non è strano, per tutti è così. E Per quello che ci chiamano voci credo...»
  • «Ci sono altre palle di fuoco come te?»
  • «Palle di fuoco?» la voce si fece perplessa, come se non capisse di che si stesse parlando. Le lingue di fuoco si attorcigliano tra di loro prima in un verso poi nell'altro lanciando qualche nuova scintilla verso il cielo prima di riprendere a parlare
  • «...Mi vedi come una “palla”?? »
  • «non proprio una palla, ma una specie di fuoco sospeso a mezz'aria...»
  • «Be...» la voce sembrava rassicurata ma ancora un po delusa del suo aspetto «...un fuoco e meglio di una palla... speravo in una nuvola però... mia madre apparì al suo gitano come una nuvola...»
  • «non credo mi piacerebbe sentire una nuvola parlare con la mia voce... però che vuol dire “gitano”?»
  • «cosa vuol dire non lo so, ma so che tu sei la mia gitana...»
Lydia era perplessa, la discussione le sembrava avere senso e per quanto bizzarra fosse la stanza in cui si trovava, quell'ambiente la metteva a suo agio.
  • «Tu sei la mia voce... e io sono la tua gitana?»
a quelle parole il fuoco diventò più grande. La musica riprese da dove si era interrotta lasciando Lydia a chiedersi se fosse sparita mai del tutto.
  • « Ridimelo Lydia! Ma non come domanda!»
  • «Cosa?»
Lydia si fece indietro, il fuoco diventò più caldo e le punte delle fiamme mutarono al color rosso, la stanza brillava della luce che la fiamma le proiettava contro e le greche del pavimento si accesero di una luce rossastra ancora più abbagliante. La bambina però non sentiva paura, l'aria bollente che sentiva attorno a se al contrario la soffocava e per quanto si allontanasse e cercasse di coprirsi il viso il calore non calava e la luce non spariva.
  • «L'ultima frase che hai pronunciato! Ripetila, era bellissima!!»
Ci volle qualche profondo respiro perché Lydia obbedisse all'ordine, scoprendo come il desiderio di farlo fosse tanto suo come della voce.
  • «Tu sei la mia Voce...» La base delle fiamme divenne bianca come la neve colpita dal sole e le punte così rosse da sembrare sangue
  • «...ed Io sono...»
Le ci volle un altro respiro per poter combattere quel calore intenso, ma dopo aver pronunciato le altre tre parole tutto si fermo; la musica, le fiamme danzanti della palla di fuoco e persino un paio di scintille sembravano essersi fermate a mezz'aria in attesa che Lydia completasse la sua frase.

  • «...la tua Gitana.»
BANG.
La fiamme esplose e con essa la stanza dividendosi in milioni di schegge lasciando Lydia nel vuoto a precipitare verso un suolo che sembrava essere lontanissimo. Una pianura verde smeraldo si espandeva ovunque poggiasse l'occhio ma per quanto fosse bella, non sembrava essere per nulla soffice.
La voce tornò a farsi sentire, ma in quel momento era sicura per la prima voltadi non riuscire a sentire nessuna musica.
  • «Su avanti... non vorrai svegliarti proprio ora! Comincia a volare...»
  • «Ma come faccio???» Urlò Lydia a se stessa. Non vedeva più il fuoco e cominciava a sentirsi a disagio
  • «Non preoccuparti! Ricorda quello che provavi nella stanza! Hai desiderato dire quelle parole come io ho desiderato sentirle! E l'hai fatto! Hai realizzato un tuo desiderio... devi essere felice!»
  • «Come in Peter Pan? Serve un pensiero felice per volare?»
  • «No, devi solo esserlo... dimentica la preoccupazione, ricorda la tua stanza, chiediti cosa vuoi fare!»
Sembrava tutto molto complicato, ma in fondo Lydia aveva gia volato la notte precedente! E sapeva cosa voleva:
  • «Voglio volare!»
Le greche rosse della stanza apparirono sulla sua mano e su i suoi piedi finendo dentro le maniche e i pantaloni del pigiama. Aveva l'impressione di riuscire a toccare l'aria come se questa fosse molto più solida. Cominciò a planare, delicatamente, verso il suolo ondeggiando come una piuma.
Sopra di lei un gabbiano bianco, con le zampe e il becco di un rosso molto vivace, volteggiava in cerchio; Quando si realizza un desiderio nascosto, un sogno, qualcosa che da sempre abbiamo voluto ma che delle volte abbiamo dimenticato di volere o ,addirittura, che ignoravamo di aspettare fino all'istante in cui questo diventa nostro! Non c'è parola al mondo che riesca a dire meglio cosa si provi ad ottenere la felicità di una sonora e piena risata.
Il gabbiano scese su di lei e cominciò a volarle accanto, anche lui rideva, o almeno i suoi versi sembravano volerlo dire.
Lydia si sollevò sopra il bianco volatile con una piroetta, e non riusciva a fermare la sua risata, per qualche minuto continuarono a danzare nel vento, ma Lydia aspettava solamente il ritorno della voce o almeno della musica, senza le quali cominciava a sentirsi sola.
  • « Non preoccuparti, sono qui non mi riconosci?»
Il gabbiano le aveva appena parlato con la stessa voce del fuoco e quindi con la sua.
  • «Sei un gabbiano adesso?»
  • «In realtà lo sono sempre stato, e da quando siamo nati che io mi vedo con questa forma»
  • «e come mai prima non riuscivo a vederti così?»
  • «Perché non era ancora il momento credo... e tutto nuovo anche per me!»
I due scesero a terra, ma Labris non toccò il suolo, benché Lydia non sentisse nessun alito di vento su di se, il gabbiano restava ferma a mezz'aria come un aquilone. Davanti a Lydia si presentava il più verde dei paesaggi. Una infinita distesa erbosa che ricopriva centinaia di piccoli colli, un ondeggiante ed immobile mare verde su cui però era possibile intravvedere delle colonne grigie, a prima vista non molto alte che sembravano sparse a caso, delle volte da sole, altre a coppie di due.
  • «cosa sono quelle?»
  • «sognatori...più o meno... diciamo “addormentati”. Qualcuno li chiama sognatori cardine»
  • «non capisco, Sognatori?»
  • «Si, ovvio... chi volevi incontrare in un sogno?»
La stanza di Lydia tornò ad apparirle dietro al suo lenzuolo, la luce della finestra al suo posto e le ombre dei mobili poggiate alle pareti come sarebbero dovute essere. Purtroppo quando stavolta cercò di togliersi dagli occhi il leggero tessuto che le copriva la testa, le ombre rimasero al loro posto e la finestra non si volle spostare sopra la sua testa. Si era svegliata in un mondo molto meno divertente, e anche se rabbia e delusione cominciavano a risalire il bordo del letto, l'eccitazione dell'accaduto le ricaccio via. Quello era un sogno che non poteva aspettare al mattino per essere raccontato.

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