venerdì 26 novembre 2010

Erba fresca sotto i piedi


Ci sono cose che la vita ci costringe a fare, altre che ci costringiamo a fare noi stessi. Delle volte chiamiamo “scelta” la strada che percorriamo, ed è facile riconoscere chi nel farlo mente. Puoi fare lo stesso lavoro per anni, sorridere tutti i giorni ed essere felice dei piccoli traguardi raggiunti con fatica, poi smetti di sorridere e invece della tristezza senti il sollievo. In quel momento capisci che sei un bugiardo e puoi di nuovo scegliere: continuare sulla strada e mentire o toglierti le scarpe e passeggiare sull'erba che cresceva lungo il sentiero. Quando Virginia capì che la parte migliore del panorama era poterne fare parte, diede al suo capo la lettera che, con un mese di preavviso, lo informava delle sue intenzioni. Da quel giorno camminando per l'ufficio le sembrava di sentire l'erba sotto i piedi e la rugiada tra le dita, si sentiva libera e il lavoro le risultò più leggero di quanto non fosse mai stato. Dopo il primo compleanno di Lydia, Virginia si rese conto che non le sarebbe stato facile continuare a vivere con la sola indennità del marito, e non voleva che sua figlia crescesse senza avere un punto di riferimento, una figura nella sua vita che le mostrasse cosa volesse dire lavorare. Gli studi universitari mai completati non potevano aiutarla, e riprenderli a quel punto sarebbe stato un grosso azzardo, cercò quindi impieghi come rappresentate e venditrice, puntando sui suoi modi gentili e la bella presenza, qualità richiesta in ogni annuncio e che seppur timidamente lei sapeva di possedere. Con sua Grande fortuna trovò lavoro presso una agenzia immobiliare che le garantiva uno stipendio minimo pari all'indennità statale e la possibilità di ricevere delle provvigioni su ogni vendita conclusa con successo. Molti furbi le consigliano mantenere l'indennità e se proprio voleva lavorare richiedere unicamente le provvigioni così da farle passare come attività occasionali o direttamente non denunciarle ed evadere le tasse, ma non era quel tipo di persona e, per non esprimere giudizi su quei consigli, rispondeva di non voler dare quel esempio alla figlia di un uomo come fu Federico.
Lavorare nel settore immobiliare era molto duro, un ambiente competitivo dove per emergere era necessario essere perlomeno un po' venali, se non si è capaci di diventare all'occorrenza degli squali. Per Virginia la parte peggiore era fare rapporto delle proprie vendite al suo responsabile, una donna che rispondeva al nome di Silvia.
Quando Virginia iniziò a lavorare le insegnò tutto lei, compresi alcuni trucchi non proprio deontologici che sebbene L'allieva non fosse capace di usare, facevano parte di una cultura che era meglio tenere segreta, e per questo motivo, veniva tramandata da un maestro solamente all'allievo più meritevole, come un'antica arte marziale il cui scopo era spennare i polli.
Questa donna era fattezze estremamente minute, con un volto delicato e morbido, sempre colorito che le dava quando sorrideva un'espressione di eterna bambina. e la sua voce sembrava unta con il miele e spolverata con lo zucchero, ma quando una vendita veniva chiusa al disotto delle sue aspettative diventava rauca e sottile come un sibilo e i suoi capelli ricci si gonfiavano dietro la nuca dandole l'aspetto di un grosso gatto soriano a cui avevano appena pestato la coda. Questo era l'aspetto di Silvia nell'ultimo mese ogni volta che si trovava a pochi metri da Virginia.
Giunto il fatidico giorno, mentre Virginia sgomberava la sua scrivania, un sibilo familiare le attraversò le orecchie:
« Credi davvero di poter trovare un altro posto come questo? Un altro lavoro che ti possa dare tanto? Posso strappare le tue dimissioni oggi stesso, possiamo ridiscutere le condizioni del tuo contratto se vuoi...» Per quanto Silvia fosse una brava venditrice, quella trattativa sembrava metterla estremamente a disagio, sentiva di non essere al posto giusto nel fare quelle proposte.
« Rimani nel tuo settore, Comprare è difficile... delle volte impossibile.» Disse Virginia sollevando la scatolina che racchiudeva al suo interno le poche cose che voleva portare via da quel posto con se.
Silvia spalancò la bocca dando l'idea di non ricordarsi come fare per chiuderla, ed approfittando di quel momento Virginia si chinò per cingerli il braccio libero attorno alle spalle.
« Grazie di tutto! Ci vediamo al compleanno dei bambini se ti va...»
a quelle parole i capelli di Silvia si sgonfiarono un po' mentre la bocca si chiuse in un sorriso, lasciando Virginia libera di abbandonare quell'ufficio senza rimpianti e con la fresca sensazione dell'erba sotto i piedi.
Giunta alla sua macchina poggiò la scatola nel bagagliaio e ne estrasse un piccolo blocco per gli appunti dove riportò un pensiero che gli attraversò la mente durante la sua passeggiata verso la macchina:

-l'ultimo passo è sempre il più emozionante, ma sono i precedenti a renderlo tale. Non bisogna saltarne nessuno.-

L'avrebbe usato nel prossimo libro di racconti, o forse nel successivo ancora, doveva scriverne perlomeno altri tre quindi aveva bisogno di ogni più piccola idea che le attraversasse la mente o in breve tempo avrebbe dovuto far ritorno a quell'ufficio, ricordando che il pavimento non era d'erba ma di freddo marmo.
Ma non valeva la pena pensarci ora. Il suo primo libro vendeva bene, poteva passare più tempo con la figlia prima che giungesse all'età in cui “passare del tempo assieme” potesse diventare una sorta di tortura, prima per una e di conseguenza anche per l'altra.
Aveva ancora un'oretta prima di dover prendere i bambini a scuola, poteva prendersi un attimo per se, anche perché tornando a casa avrebbe solamente disturbato il riposo di Luigi. Mise il blocco per appunti nella borsetta e, dopo aver chiuso la macchina, si avviò verso un parco non troppo lontano dove avrebbe potuto prendere un po' d'aria fresca e magari bere un caffè in un chioschetto che sarebbe dovuto essere ancora aperto benché la stagione estiva fosse sul punto di concludersi. Purtroppo non era così ma la possibilità di togliersi le scarpe e passeggiare scalza sull'erba come aveva immaginato di fare per un mese fu decisamente meglio della dose di caffeina del chiosco.
Una piccolo premio per il duro lavoro, per gli obbiettivi raggiunti, e per incentivare tutto quello che sarebbe venuto da quel giorno in poi.
Era tutto perfetto, fino a quando non sentì qualcosa pungerle il piede. Abbassò lo sguardo, e trovò una piuma nera fare capolino da sotto le sue dita. Un brivido le attraversò il corpo dal tallone alla nuca facendole indossare velocemente le scarpe e poi correre dritta verso la macchina. Doveva tornare di corsa dai bambini e assicurarsi che si trattasse solo di una coincidenza.

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