domenica 5 dicembre 2010

Ritorno a casa.



Le pareti delle case sfrecciavano scolorite al passaggio di Virginia, l'erba che pestava era tagliente, la strada fredda e sporca eppure lei non si fermò per calzare le scarpe se non davanti ad un semaforo rosso, usato come appoggio il tempo necessario a completare l'operazione di rivestimento. Probabilmente il verde non si era ancora riacceso, ma quando la fretta vince la pazienza, i colori dei semafori sono vezzi superflui; la corsa di Virginia non si arrestò nuovamente se non per cercare le chiavi nella borsetta, e una volta inserite nel quadro fu sufficiente l'attimo richiesto per girarle per uscire dal parcheggio e dirigersi verso la scuola. Nel silenzio dell'auto i pensieri si affollavano, e il motore troppo delicato forniva un sottofondo bianco alle sue peggiori fantasie e memorie mentre immagini scolorite sostituivano i veicoli e i palazzi che superava più velocemente che poteva. Piume nere cadevano dagli alberi al posto delle foglie, e i loro rami umidi non erano mai sembrati così rossi. Chiamò Luigi con il viva-voce mentre una di quelle immagini prendeva la forma del suo viso in una tragica sera di otto anni prima.
«...Pronto?» fa lui con la voce stanca dall'altra parte della linea
«Pronto Gigi? Sono io... ti ho disturbato?» La sua voce è leggermente più alta di quanto vorrebbe ma nonostante ciò non si ferma a respirare propriamente.
«...no... cioè, stavo dormendo un po'...ma contavo di svegliarmi a breve per l'arrivo dei bambini...»
«Ok! Quindi tutto bene giusto? »
«certo! Che succede?» e nella domanda di lui era possibile sentirvi una leggera ansia da contagio, ma che spari in fretta al sentire il profondo respiro di Virginia alla cornetta poco prima che rispondesse:
«Niente, spero... ho trovato una piuma nera mentre...»
«Virginia non ricominciare!» la pregò Luigi con la voce di chi ripone le armi davanti ad uno spietato nemico
«Ero a piedi nudi! L'ho pestata!» disse lei, come se quello fosse una prova incontestabile, in nome del quale tutto era giustificato.
«Non importa! Poteva anche volarti dal cielo dentro un orecchio... non vuol dire niente! » sperando che con lo scherzo potesse vedere sotto un'altra ottica la sua affermazione
«Non dirlo! Quando non si crede è peggio! » Rispose lei rimpiangendo il fatto di essersi preoccupata anche per Luigi, il quale, non gli rimase che una via per toglierli di testa il pensiero di quel falso presagio.
«sento al telefono che sei in auto e stai correndo! Non credi che sia molto più pericoloso di qualunque cosa i bambini a scuola o io sul divano stiamo affrontando in questo momento?» Lui doveva attaccarla!
La donna rallentò, ricominciò a rendersi conto che i palazzi avevano i loro colori, gli alberi avevano il tronco marrone, e il loro fogliame non era certo nero.
« Ti ho detto mille volte di non dormire sul divano! Poi hai male alla schiena...»
«Forse la piuma voleva avvertiti del mio mal di schiena allora...» e persino al telefono era chiaro che Luigi stesse ridendo del suo successo.
«ok, ma vado comunque a scuola a controllare che stiano bene... tanto non ho altro da fare...» disse lei, trattenendosi sia dal ringraziarlo per averle levato un po d'ansia dalle spalle, sia dal chiamarlo farabutto come voleva il suo primo istinto.
«va bene, vai piano... cosa vuoi per pranzo? »
« un po di pasta al sugo, ma niente ragù...o carne in genere...puoi inventarti qualcosa?»
«credo di si, ci vediamo più tardi! Prendi dei respiri profondi se non li vedi uscire per primi...»
«ah ah ah... simpatico... a dopo! »
«ciao, a dopo!» Disse lui, chiudendo la telefonata e cominciando a stiracchiare braccia e gambe per riprendersi dal torpore in cui il sonno e il comodissimo divano l'avevano costretto.
Ancora non aveva riposto tutta la spesa al suo posto, dopo aver rimosso i prodotti destinati al frigo si era concesso di riposare qualche oretta, e benché contasse di svegliarsi leggermente più tardi, quel tempo in più tornava utile per preparare la ricetta che aveva in mente di usare per celebrare il ritorno a scuola e l'ultimo giorno come agente immobiliare di Virginia.
La sua amica voleva un po di sugo, ma Lydia non sempre lo gradiva, al contrario dei frutti di mare di cui andava pazza. Per concludere, Teo prediligeva pasta a pranzo, in particolare spaghetti.
I suoi gusti venivano in secondo piano, avrebbe mangiato qualunque cosa rendesse felice il resto della famiglia. Così ritirò dal frigo le vongole che aveva preso al mercato ittico quella mattina e le rovesciò nel lavandino per dargli una bella lavata prima di cominciare a cuocerle. Buttate poi in un pentolino con un po' d'olio, aglio e prezzemolo aspettò che il fornello facesse il suo lavoro sbucciando un po di pomodorini messi poco prima a sbollentare in acqua calda. Di solito avrebbe usato del semplice concentrato per dare alle vongole un po di colore, ma un sugo di pomodorini freschi sarebbe venuto meglio in contro alla richiesta di Virginia. Una volta sbucciati, bastava cospargerli di sale e schiacciarli su un tagliere dopo averli tagliati a metà, così da disperdere l'acqua in eccesso in essi contenuta. Mentre i pomodori riposavano sul tagliere leggermente inclinato sul bordo del lavandino, le vongole si erano aperte completamente al caldo dell'olio e il loro profumo invadeva la cucina. Sarebbe bastato aggiungere i pomodori e continuare a cuocere a fuoco basso, ma sapeva che lasciare liberi due bambini di infilare le dita nel proprio piatto con la scusa di mangiare le vongole sarebbe stato un'imprudenza da papà alle prime armi. Tolto quindi il pentolino dal fornello con un cucchiaino cominciò a sgusciare le vongole una ad una, buttando quasi tutte le conchiglie in un sacchetto. Ributtando poi i molluschi nel pentolino con l'aggiunta dei pomodorini bastava lasciare cuocere fino a quando la polpa degli ortaggi non si sarebbe sfaldata almeno in parte colorando completamente il condimento. Mentre osservava il sugo ribollire sul fornello la mente di Luigi vagò nei giorni in cui insegnava a Teo e Lydia come trovarle al mare, e come distinguerle dalle arselle che era facile trovare sul bagnasciuga con un po di attenzione e pazienza.
Era veramente felice di aver accettato la proposta di Virginia di vivere tutti assieme in quella casa, in barba al mal pensare che viene facile quando chi vive scendendo a patti con la propria coscienza, come purtroppo capita spesso in Italia, guarda da fuori una situazione che non riesce a comprendere, non per la sua complessità quanto per la sua mancanza di corruzione.
In quel sugo che ribolliva sentiva le risate di quelle persone che attraverso un patto non scritto ormai poteva chiamare famiglia.

[...]A distogliere Luigi dai suoi pensieri fu lo sguardo fugace lanciato fuori dalla finestra della cucina, verso l'albero sopra il quale tre nuvole si allineavano parallele tra loro, come un graffio bianco in mezzo al cielo. Un'immagine che dava ragione a Virginia, ma non nel senso tragico che voleva leggervi lei.
Quando troviamo qualcosa al di la delle nostre capacità di comprensione, chi non è curioso si preoccupa, per entrambi i casi chi ha fantasia cerca di darsi una spiegazione e chi non ne ha riflette su ciò che può osservare e capire. Quasi sempre si commettono dei grossi errori qualunque cosa si faccia. Per sua fortuna Luigi possedeva quella mente che, chi non riesce a definirla semplice, la definisce saggia; quando si trova qualcosa che non poteva capire, una mente semplice lo accetta, e se una spiegazione fosse necessaria, non restava che aspettare che arrivi da se, preoccuparsi non sarebbe servito a niente, ne cercare una spiegazione prima che questa fosse necessaria. L'unica cosa necessaria in quel momento era osservare il sugo, mettere a bollire l'acqua, e attendere l'arrivo dei suoi cari.[...]

L'ultima ora di lezione del primo giorno di scuola non è mai lunga come quelle che sarebbero venute nei mesi a seguire, anzi, per chi sta completando il disegno di ciò che si è fatto durante le vacanze può essere anche troppo corta. Per Alessandro ad esempio, che per tutta la giornata aveva dovuto lottare con l'imbarazzo di parlare una lingua usata solo con i suoi nonni prima di quel giorno, la campanella squillò prima di aver completato la colorazione, lasciando la sua opera incompleta e priva della possibilità di dargli quell'attimo di rivalsa di cui aveva bisogno, quantomeno sentiva di volere, per esprimere qualcosa che la sua pronuncia impacciata credeva gli avesse tolto. Solo Teodoro, seduto al suo fianco poté sbalordirsi dell'abilità nel disegno dimostrata da Alessandro, persino la Maestra Maria non avrebbe saputo fare un orso tanto realistico quanto quello sul foglio del compagno di banco.
«Ma sei bravissimo! Chi ti ha insegnato? »
«Nessuno..»Rispose timidamente Alessandro «..forse hè che dissegno molto...» aggiunse, in un tentativo scialbo di giustificarsi
«io credo di disegnare molto, ma i miei alberi continuano ad assomigliare a palloncini...»
«Ma le tue nufole sono belle! Tofresti proffare di fare l'albero meno tritto nella parte marrone e quella ferde a forma di nufole... »
«Dai... » disse con un sorriso Teo «voglio provarci! Grazie...»
A sorriso, Alessandro rispose con sorriso. Quel giorno di scuola aveva insegnato molte cose, anche se queste non rientravano propriamente nel programma di studi.
Suonata la campanella, era il momento di tornare a casa. Solita procedura, i bambini in fila con i compagni di banco aspettando il via della maestra per varcare la soglia della classe. Fare il percorso a ritroso verso il portone d'ingresso era un'esperienza molto più appagante, non solo perché si lasciavano alle spalle le noie delle lezioni, ma perché si andava incontro al sole, che dopo mezzogiorno, lanciava i suoi raggi diritti verso il portone inondando il corridoio di calda luce.


Arrivati al cortile una folla cianciante di mamme fissava il portone cercando di scorgere il proprio figlio o figlia nella fila, che si sfaldava non appena le coppie mettevano un piede fuori dal portone. Tra le mamme Virginia sembrava essere la più ansiosa, e quando Teodoro congedatosi da Alessandro che in fretta era corso incontro ai genitori, lei lo abbracciò con più vigore del normale lasciando il piccolo in lieve imbarazzo
«Zia! Dai...» disse cercando di divincolarsi, ma lei lo lasciò solo per stritolare Lydia che uscendo tra gli ultimi aveva regalato alla madre qualche secondo di paranoia extra.
Anche la bambina rimase stupita da quella dose abbondante di affetto, ma anziché lamentarsene la ricambiò al meglio delle sue forze.
«uuh! Stiamo diventando forti eh?» disse Virginia «come è andato il primo giorno raggi di sole?»
«Benissimo!» disse Teo
«Bene!» aggiunse Virginia «C'è un bambino nuovo quest'anno... guarda... quello vicino alla signora alta! È in banco con Teo»
Virginia osservò la signora, decisamente impressionata dalla sua altezza. Si aspettava un cambiamento, un qualcosa che sarebbe successo ai suoi bambini, e ogni cosa poteva essere un indizio:
«oh...» commentò « andiamo a salutarli?» chiese ai due che le davano la mano, i quali annuirono senza esitazione.
Ma nel tempo necessario per raggiungerli, Ale e sua madre erano già usciti fuori dal cancello mentre la folla di bambini e genitori ostacolava il passaggio di Virginia e prole che, con diversi livelli di dispiacere, dovettero rimandare le presentazioni ufficiali.


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