lunedì 15 novembre 2010

Teodoro


È Il 22 settembre 1999, è sera, ed il buio è sceso sul bel paese. Mentre Lydia piangeva nella sua carrozzina, Virginia correva attraverso i corridoi dell'ospedale lasciato solo da pochi giorni, Luigi accendeva l’ennesima sigaretta della giornata più lunga della sua vita, affacciato alla finestrella del corridoio guardava le prime stelle accendersi nel cielo mentre sbuffava fuori dense nuvole grige, cercando a non pensare a cosa stava accadendo a pochi passi da lui, tappandosi le orecchie e riflettendo su come nel resto del mondo tutto sembrava passare come se fosse stato un giorno qualunque. All'ingresso del primo bagliore lunare nella stanza un vagito di un bimbo che lamenta il suo dolore, attraversa la porta e arriva all'orecchio del suo papà. Tutta la sua mole si fa sentire nel momento in cui due infermiere tentano di fermarlo, le poverine gli rimbalzano addosso come birilli, birilli parlanti e imbronciati; Con la delicatezza di un uomo molto più fine di lui, Luigi si porta al capezzale della moglie che stringe tra le braccia un birbante dagli occhi grigi e sguardo stanco, lo stesso sguardo della donna che l'abbraccia e la sorregge, ed è impossibile dire chi tra loro due sia la più stanca. «Ciao Teo, era ora che ti facessi vedere!» le prime parole di un padre ad un figlio.
Poi la mamma parla al papà, piange, e lui si accorge per la prima volta di essere l'unico felice nella stanza.

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