sabato 13 novembre 2010

Lydia


È il 9 settembre del 1999, è sera, ed il buio comincia a scendere sul bel paese. Il sole resiste un attimo per accarezzare con un suo raggio, infiltrato tramite una tapparella rotta, la manina di una bimba che per la prima volta si ritrova nel petto la sensazione di una fiamma, l'aria è troppo fresca e le brucia i polmoni. La luce è troppo forte per poter tenere gli occhi aperti ma attraverso le palpebre delle macchie rosse e bianche riescono ancora a passare.
Lei urla però! Vuole buttar fuori tutta l'aria che le sta facendo scoppiare il petto! Lamenta il dolore di cui fino ad un attimo prima non aveva mai fatto esperienza, per poi quietarsi al tocco sicuro e delicato di due braccia stanche, ma abbastanza forti da sorreggere il peso di quella creatura.

«Ciao Lydia»

Disse Virginia, i suoi capelli neri venivano raccolti dietro le orecchie da una ostetrica molto premurosa così che non finissero addosso alla bambina. Un allegro vociare di complimenti e auguri avvolse la testa delle due che sembravano però non sentire niente godendosi il momento e la sua perfezione.
Un attimo prima che Lydia gli venisse tolta, Virginia sorrise giustamente soddisfatta della sua impresa, concedendosi una lacrima, ma una sola prima di cadere addormentata.
Un sonno senza sogni l'accompagno per gran parte della notte, giusto un attimo prima di svegliarsi però una figura avvolta da una toga bianca bordata d'azzurro le apparse opaca davanti dicendo:

« Grazie! Ora, Virginia Lanotte, svegliati! devi occupati di lei!»

Un attimo dopo l'infermiera entrava in stanza con Lydia pronta per ricevere la poppata da una stralunata e confusa neo-mamma.

Virginia Lanotte è una donna forte, il tipo di forza che hanno tutte le donne Italiane. Quelle vere! Una italiana capace di schiaffeggiare un uomo verde di rabbia, farlo sbiancare con il solo sguardo, lasciandolo poi a riflettere da solo rosso in viso: un po’ per la vergogna un po’ per la sberla.
È una sberla tricolore quella della sua mano.
Era il tipo di donna che riusciva sempre a farsi voler bene, e lo stesso bene rimandava al suo prossimo, qualità che non passò inosservata agli occhi chiari di quell'uomo che poi divenne suo marito. Un ragazzo moro, giovane e intelligente, a vederlo mai si sarebbe detto che fosse un carabiniere, probabilmente per quel suo sguardo curioso e attento da ragazzino.

Quando Il signor Niedda entrò nella stanza, era come se tutti sapessero già del suo arrivo, il suo largo girovita annunciava il suo ingresso ovunque entrasse con qualche attimo di vantaggio.
Luigi Niedda, era un omaccione grosso e brutto, che per sua fortuna godeva di un volto paffuto e di modi semplici, questo rabboniva un po' il suo aspetto, che per quanto fosse disarmonico nei tratti, la sua mancanza di bellezza permetteva comunque di amarlo. Virginia esausta sorrise mesta mostrandogli la bimba che pacifica si lasciava allattare nella quiete della stanza.

« E tutta suo padre...»

La sua voce profonda e calma riempiva la stanza, era come se avessero acceso un fuoco davanti al letto, con tanto di fornello per la caffettiera. Ogni parola stregava l’atmosfera, tanto che perfino quella spoglia stanza dalle mura bianche e azzurre sembrava diventata più dolce.

«...ha la sua stessa espressione ora che è calma ».

«Dovevi esserci quando me l'hanno data per la prima volta! Sembrava Federico il giorno che l'ho scoperto a montare la culla in camera nostra, mi guardava come per dire “non è come sembra!”»

la sua voce si fece malinconica parola dopo parola, e quello che all'inizio era un sorriso mutò così in fretta da credere che fosse una semplice e illusoria ombra.

«Dovrei sentirmi in colpa secondo te? »,

Domandò Virginia, Luigi si irrigidì per un attimo, perplesso, non capendo se era a lui che stava rivolgendosi o alla sua bimba.

« Per cosa? »

Rispose tirandosi su la cintura dissimulando l’attimo di incertezza rassicurandosi della tenuta delle larghe braghe.

« Per essere così felice! Sono passati solo 9 giorni e oggi mi sembra di essere io quella ad essere venuta al mondo. E tutto è bello qua giù...»

« Se ora Camilla fosse qui ad ascoltarti ti direbbe, che se non riesci ad essere felice per Lydia, di prepararti! Chiudere gli occhi e salutare il mondo! Perché ti sta per strozzare con le sue stesse mani!»

« Tua moglie è una sadica, violenta e pazza donna! »

Si finse inorridita per un istante, poi quasi scoppio a ridere, trattenendosi solo per il bene della figlia, temeva che ridendo il latte le sarebbe andato di traverso... sorridendo tra se e se per ciò che si era immaginata “eccola! La paranoia da mamma chioccia” pensò, e subito dovette cambiare discorso per non trasformarsi in una fontana di lacrime:
« Come sta? Dove è ora? » Si affrettò ad aggiungere Virginia prima che i ricordi le piombassero addosso con tutto il loro spropositato peso.
« È stata ricoverata anche lei, ormai manca poco, le spese le paga l'assicurazione quindi noi ci facciamo ricoverare già da oggi! Appena assegnata la camera verrà anche lei a romperti le scatole! » e giù a ridere con la bocca larga e tutti i denti bene in mostra. La risata di Luigi era speciale, non esisteva stanza al mondo che ne sopportasse il peso, muri e finestre ridevano con lui.
Anche solo accennare il riso lo faceva tremare come un enorme budino, uno spropositato dessert al caramello; Luigi è nato però con la sfortuna di possedere due luminosi occhi azzurro chiaro, quasi grigi, troppo freddi per una persona come lui: ne avrebbe meritati un bel paio color nocciola! O almeno questo era sempre stato il pensiero di Virginia.

Poco dopo Camilla era nella stanza, il suo pancione ancora non rivaleggiava con quello del marito seppur il passeggero al suo interno fosse in dirittura d'arrivo. Abbracciò l'amica come se volesse sollevarla dal letto, cosa che Luigi si preoccupò subito di farle notare. Lei liquidò le premure del marito scherzando sulla sua “cavalleria della domenica”. Se voleva preoccuparsi del suo stato doveva farlo a tempo debito e poteva pulire il pavimento di casa mentre era all'ottavo mese, e poco importava che per farlo lei, usava la scusa delle voglie per allontanarlo da casa, potendo poi agire di nascosto.

La giornata passò, trascinata dalla felicità per la nuova vita, e così per i dodici giorni che seguirono sembrava la gioia voler riproporsi con vestiti sempre diversi e sempre bellissimi.