La maestra di Lydia e Teo, Maria
Donori, era una donna minuta, anche rimanendo un paio di gradini più
in alto rispetto alla madre di Alessandro la sua testa non arrivava
nemmeno a sfiorarle le spalle. Una volta salutata la signora Neumenn
con un sorriso, si guardò attorno per vedere se la sua classe si era
già riunita davanti a lei e dato che sembravano mancare ancora un
paio di volti cominciò a richiamare l'attenzione alzando la voce.
«Buongiorno Bambini!! tutti quelli del
terzo anno si mettano qui in fila! Entriamo in classe, su su!»
In fretta anche i bambini un po' più
lontani e quelli che erano rimasti al fianco dei genitori
imbracciarono i loro zainetti e si misero in fila davanti alla
maestra, da prima un con un po' di disordine poi restringendosi
sempre più in una fila per due mentre la maestra Maria agitava le
braccia allargandole e poi ritirandole, come una chioccia che allarga
le ali per avvicinare a se i suoi pulcini.
Una volta creato l'ordine, la maestra
si guardò attorno e dopo l'ingresso della seconda classe fu il turno
dei suoi allievi. Facendosi da parte invitò Lydia e Veronica, le
prime della fila, a cominciare ad incamminarsi verso la classe
seguite a ruota da Alessandro, Teodoro e la coppia formata da
Margherita e Domenico che, dagli sguardi corrucciati, sembravano
dispiaciuti dal dover dare la mano ad una poco gradita seconda
scelta.
Lydia guidò i compagni lungo il
corridoio, superò quella che sino all'anno precedente era la sua
classe, ma non riuscì a resistere alla tentazione di darvi un
piccolo sguardo all'interno. Trovando un bambino seduto a quello che
era il suo posto provò un piccolo moto di gelosia, ma si accorse
velocemente che era sciocco da parte sua, e augurandosi che quel
bambino non fosse un vandalo tale da rovinare il suo banco con
stupidi disegnini proseguì verso la porta su cui una targhetta
indicava la classe terza. Vi era anche la lettera “A” sulla
targhetta ma ormai non aveva alcun senso. Vi era solo una sezione per
ogni classe in quella scuola, da anni ormai nella zona non nascevano
abbastanza bambini per formare due classi in quella scuola, e anche
se l'edificio poteva ospitare sino a tre sezioni per anno, tutto
quello spazio finì per diventare laboratori di gioco e studio o
semplici magazzini per il materiale inutilizzato.
Arrivati davanti alla classe Lydia
attese l'arrivo della maestra Maria e come questa aprì la porta fu
come l'accensione delle luci verdi ad una gara automobilistica. I più
veloci spingevano i più lenti e ognuno cercava di prendere il suo
posto preferito. Chi quello vicino alla finestra, chi quello più
nascosto alla cattedra e chi invece preferiva stare in prima fila per
poter vedere meglio la lavagna senza dover mettere degli imbarazzanti
occhiali rosa, come ad esempio Veronica, che fortunatamente
trovandosi prima della fila riuscì nel suo intento senza problemi.
Lydia invece preferì prendere posto alla destra della finestra, così
da poter avere un posto dove svagarsi quando la lezione diventava
troppo pesante e Margherita prese posto affianco a lei. Domenico
Prese il secondo posto vicino alla finestra, proprio dietro Lydia e
mise la mano ben aperta sulla sedia al suo fianco per tenere il posto
a Teo, il quale, scoprì che a differenza della seconda classe dove i
banchi erano disposti a gruppi di tre, in quella classe erano
raggruppati due alla volta, più un banco posto al fianco della
cattedra per l'angelo custode della maestra, ovvero quel bambino che
di mese in mese si dimostrava più bisognoso di qualcuno di severo
come compagno di banco.
Quel sistema era caduto quando Teo
aveva fatto notare che essendo ventuno in classe, era possibile
disporre i banchi a gruppi di tre per dare a tutti un compagno di
banco, ma in quella classe non era possibile adottare lo stesso
sistema in quanto molto più lunga che larga e inoltre quell'anno con
l'arrivo di Alessandro ci sarebbe stato bisogno di un banco in più,
ma non era quello il problema di Teodoro. Si era accorto che non
poteva mantenere la promessa Fatta poco prima di essere il compagno
di banco di Alessandro senza rompere il sodalizio con Domenico che li
vedeva compagni di banco già dai tempi dell'asilo. Nell'esitazione
non si accorse che il resto della classe aveva preso posto con
eccezione di lui, Alessandro e Enrico, un compagno di classe amante
del calcio con cui Teo non aveva mai trovato modo di fare amicizia.
Prima che la maestra potesse dire
niente Teo Prese la parola:
«Maestra, manca un banco... Vado a
prenderlo?» la proposta era più una fuga dal dover scegliere tra
l'amico e la promessa fatta ad un possibile nuovo amico.
«Va bene, ma fai in fretta! Alessandro
accompagna questo bambino e dagli una mano!» sentenziò la maestra
Maria trovando un sorriso di assenso nel volto dei due bambini.
Tra le classi divenute magazzini una in
particolare veniva chiamata dai bambini (o forse solamente da Lydia e
Teo)“cimitero”. ospitava tutti i banchi e le sedie non più
utili, in particolare quelli rotti o rovinati dal tempo erano tutti
accatastati uno sull'altro e, dato che piano piano tutte le lampadine
erano state usate per sostituire quelle fulminate nelle altre classi, nelle occasioni in cui mancavano bulbi nuovi a disposizione, la classe
era sempre buia e grigia. Quel grigiore metteva sempre a disagio quei bambini che la
maestra mandava a sostituire la propria sedia o il proprio banco. Capitò persino che in
una classe la porta venne via dai cardini rompendosi, così per
sostituirla fu usata la porta del cimitero donando alla stanza un
aspetto ancora più inquietante.
Il cimitero si trovava sulla parte
opposta del corridoio della terza classe un paio di metri più in
fondo. Arrivati sulla sua soglia Teo e Alessandro dovettero fare
forza sulla porta semiaperta per entrare nella classe e anche se
entrambi erano intimoriti dall'atmosfera del luogo solo per Alessandro era difficile
nasconderlo. Teo, che sapeva a cosa andavano incontro già da prima di uscire, lo rassicurò: «sono solo banchi! Scegline uno che
lo portiamo in classe...»
«Ok, qvesto?» fece Il bambino
sollevando il banco come se nulla fosse e mostrandolo a Teo, il quale
sbarrò gli occhi e fece un cenno d'assenso al bambino.
«Si... se ci riesci da solo io prendo
la sedia... » disse, e prendendo la sedia uscirono in fretta dal
cimitero ritornando nella loro classe.
Al loro ritorno Enrico era seduto al
fianco di Domenico che mal celava il suo disappunto per quel compagno
di banco imposto. Teo evitò il suo sguardo mentre prendeva il banco
dal fianco della cattedra per sistemarlo in fondo alla classe vicino
a quello appena portato da Alessandro, per fortuna questi gli diede
una mano o non sarebbe riuscito a trasportarlo da solo con la stessa
facilità dell'altro bambino.
Una volta che tutti ebbero preso posto La maestra fece l'appello e dato che tutti erano presenti diede il via all'anno scolastico con un bella chiacchierata
«Ciaoo! Come state tutti bene?»
«Si» risposero tutti con un coretto più o meno armonico...
«Avete passato delle belle vacanze?»
«Si»
«Benissimo! Oggi vorrei che mi raccontaste qualcosa, ma prima... voglio presentarvi il nuovo compagno di classe... Alessandro, puoi venire qui vicino a me?»
Nell'imbarazzo dovuto dall'avere 44 occhi puntati addosso Alessandro risponde all'affermazione della maestra raggiungendola alla cattedra e girandosi verso il resto della classe cerca di fare un piccolo cenno di saluto con la mano mantenendo la bocca chiusa e le guance rosse.
«Alessandro viene dalla Germania, il padre è italiano e quindi sa un po di italiano ma deve fare pratica... puoi presentarci e raccontarci qualcosa di te e della tua famiglia?» La maestra volle dargli una comprensiva imboccata ma per un po nella classe non regno altro che il silenzio, ma quando questo diventò troppo pesante anche per lui, l bambino decise di liberarsene:
«Mi kiamo Alessandro Armato, fengo da Stuttgart, mio padre doveva fenire qvi per lavoro e ci siamo trasferiti qvesta estate, non sono molto bravo a parlare ma foglio migliorare... non so cosa dire ancora... sono finito...»
Le risate invasero tutta la classe, ma mentre alcuni come Lydia cercavano di nascondere la bocca con la mano, altri come Domenico ed Enrico proprio non volevano contenersi. Teo non riuscì a trattenere il sorriso, ma lo fece sparire velocemente notando l'imbarazzo rafforzare il colore delle guance del nuovo compagno di classe. La maestra batté la mano sulla cattedra quattro volte per ritrovare il silenzio nella classe, e una volta ristabilito prese la parola:
«Alessandro sei stato molto bravo a presentarti! Hai fatto solo un piccolo errore: quando vuoi dire che hai finito qualcosa si dice “ho finito”. Forse i tuoi sciocchi compagni non sanno che in tedesco il verbo che aiuta il verbo finire, è il verbo avere, e non il verbo essere come in italiano. Sei stato molto bravo a tradurre... Domenico o Enrico vogliono dire qualcosa in tedesco per salutare il nuovo compagno? » i due bambini impallidirono «Niente? Immaginavo. Alessandro vai a posto.... oggi vorrei che tutti mi raccontaste qualcosa delle vostre vacanze...»
Mentre Alessandro andava a posto Teo gli rivolgeva un grande sorriso e tirandogli indietro la sedia lo invitò a prendere il posto che gli spettava.
«In che parte della germania è Stuttgart?» chiese al compagno di banco...Mentre Alessandro andava a posto Teo gli rivolgeva un grande sorriso e tirandogli indietro la sedia lo invitò a prendere il posto che gli spettava.
«èh nello Baden-Württemberg...» rispose lui candidamente, ma leggendo una certa confusione degli occhi di Teo si affrettò ad aggiungere «...Ficino alla foresta nera»
«wow!» Era l'unico commento possibile ad una risposta che, per quanto incapace di dare una giusta risposta, comprendeva il nome di un posto troppo interessante da lasciar passare senza un commento di ammirazione.
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